RIO DE JANEIRO: povere tra i poveri

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Non c’è bisogno di essere ricchi per condividere.

di piccola sorella Adriana

Per la nostra fraternità contemplativa e missionaria, presente in questo piccolo angolo del Brasile, il messaggio dell’incarnazione di Gesú, bambino e poi uomo sofferente per condividere tutto dell’uomo, è molto attuale ed è ciò che dà senso alla nostra vita e alla nostra presenza qui, in mezzo a questa nostra gente. Non ho mai trovato su nessun atlante geografico l’indicazione di questa località chiamata “campo del sacco”, alla periferia della grande metropoli di Rio de Janeiro. In effetti è una zona apparentemente insignificante e totalmente sconosciuta ai turisti che affollano le stupende spiagge situate poco distanti da noi. La nostra è un’area paludosa che, nei periodi di pioggia, si trasforma in un mare di fango e di acqua stagnante. Da questo, credo, derivi il nome “campo del sacco”.

La nostra gente è povera e tante famiglie vivono quotidianamente l’esperienza della dispensa vuota, del non avere un piatto di riso e fagioli per i bambini, di dover chiedere in prestito i soldi per il pullman quando qualcuno in casa ha bisogno dell’ospedale. Ma la povertà più grande, forse, è proprio quella di non aver mai fatto l’esperienza dell’amore vero, di una famiglia sana, di valori grandi per i quali vivere e lottare... Tanti dei nostri sono poveri soprattutto perché mai nessuno ha fatto conoscere loro la tenerezza dell’amore di Dio, la pace del suo perdono, la gioia di sentirsi figli amati da un Padre che è nientemeno che il creatore del mondo...

Le Chiese, nelle loro più svariate denominazioni, e le sette proliferano attorno a noi: Assemblea de Deus, La Chiesa Universale, Centri dello spiritismo, “macumba”, testimoni di Jeova, c’è anche l’ Assemblea de Deus coreana (!)... e, i nostri “cattolici”, battezzati e non praticanti, vivono nella confusione più totale, cercando la soluzione ai loro problemi là dove l’offerta è apparentemente più vantaggiosa. Grazie a Dio, possiamo contare su di un gruppo di persone che vivono con grande coerenza e convinzione la loro fede, ben radicati nella Parola di Dio e che fanno della loro vita una vera donazione per il servizio del Regno.

E noi, che cosa ci facciamo qui? È la nostra vocazione di vivere “poveri tra i poveri”, condividendo la loro vita, che ci ha portati qui. Sì, vogliamo una vita semplice e povera perché crediamo al valore della testimonianza e della coerenza al Vangelo. Tuttavia ci sentiamo ricchi per aver trovato “la perla preziosa” nascosta nel campo del Regno, ed è questa ricchezza che vorremmo saper condividere con la nostra gente: il dono della preghiera e la presenza dell’Eucaristia nella nostra piccola fraternità.

Quando qualcuno viene a cercarci, per qualsiasi motivo, sempre cogliamo l’occasione per accompagnarlo nella nostra cappellina e lì nascono le più belle catechesi improvvisate e... molto incarnate.
Ma il cammino è lungo e sappiamo che per ora la nostra missione è la semina, anche se, di tanto in tanto, abbiamo la gioia di veder già sbocciare qualche fiore, nella fiducia di poter, presto, raccogliere anche qualche bel frutto maturo.

Ma per farvi conoscere meglio la nostra gente devo parlarvi della “Fazenda Modelo”. Infatti, circa metà, o forse più, degli abitanti di questa zona, fino ad un paio di anni fa, viveva alla Fazenda Modelo. E cos’è, vi chiederete?
La Fazenda Modelo era un’istituzione municipale che è arrivata ad accogliere, negli anni trascorsi, fino a 2000 persone. È situata su di una grande collina, a dieci minuti dalla nostra fraternità, in mezzo a tanto verde, giganteschi alberi di cocco, banane, mangos... Entrando per la prima volta si aveva l’impressione di un vero paradiso terrestre ma, dopo pochi passi, la realtà si presentava tristissima e troppo cruda, un vero inferno per chi era costretto ad abitarvi.

Negli immensi capannoni venivano accolti uomini, donne, mendicanti raccolti per strada, malati mentali... e, ciò che era più triste, alcuni di questi capannoni ospitavano intere famiglie, mamme molte volte sole con un nugolo di bambini, ragazzine appena adolescenti che crescevano senza aver mai conosciuto il calore di una famiglia e che all’età di 12/14 anni già si trovavano ad assumere la responsabilità di diventare mamme e di sopravvivere in un ambiente in cui vizio, promiscuità, droga, alcool, violenza, erano all’ordine del giorno.

Da circa due anni la Fazenda Modelo è stata chiusa: i più anziani e i non autosufficienti sono stati accolti nei ricoveri più poveri della Città; alcuni sono tornati a vivere per strada, altri hanno trovato lavoro e, per le famiglie, le assistenti sociali, incaricate dal Comune, hanno trovato una sistemazione qui, proprio intorno alla nostra fraternità, dove sono sorte varie costruzioni, con piccole stanze molto povere, ma con affitti modesti. E così la nostra fraternità, che per anni, aveva sognato di poter abitare stabilmente tra questi poveri della Fazenda Modelo, ora si trova ben in mezzo a loro e, per questo ci sentiamo perfettamente al nostro posto!!

Sono pochi mesi che siamo qui, ma già sentiamo crescere la fiducia e l’amicizia, elementi indispensabili per poter costruire qualcosa di bello e di valido con questa nostra gente. All’inizio abbiamo faticato non poco con i nostri primi vicini di casa, molto diffidenti e chiusi nei nostri confronti. Poi, poco alla volta, grazie anche alla presenza dei loro simpaticissimi e terribili bambini, è nato un rapporto molto bello di amicizia e così abbiamo conosciuto qualcosa della loro storia, una delle tante, simile a tante altre.

Analucia, ancora giovane, è già mamma di cinque bimbi, figli di tre papà diversi. Abbiamo conosciuto Marcos, l’ultimo convivente di Analucia e papà dei due bimbi più piccoli: Marcos è un uomo rude, chiuso in se stesso e a mala pena rispondeva al nostro saluto ogni volta che, incontrandolo, cercavamo di avvicinarlo nella speranza di allacciare un rapporto; ogni tentativo sembrava destinato al fallimento. La notte del Natale scorso però, tornando dalla Messa, lo incontrammo seduto sulla porta di casa: accanto a lui, per terra, una bottiglia di birra ed un bicchiere, i suoi occhi erano rossi e lucidi, ma lui era sobrio.

Il volto di Marcos era segnato da una tristezza infinita e stava piangendo: da poche settimane la moglie lo aveva lasciato portando con sè i bambini e lui , ora, soffriva terribilmente soprattutto per la solitudine e la lontananza dei suoi figli.
Appena ci avvicinammo, cominciò a parlare. Ci raccontò della sua infanzia vissuta per strada e della sua adolescenza in una casa per ragazzi a rischio che purtroppo, a Rio, era conosciuta più come riformatorio che non come istituto di educazione. Lì aveva imparato dai suoi compagni anche ciò che non aveva praticato nella sua vita di ragazzo di strada... Per sopravvivere bisognava aggiustarsi e, in questi casi, il fine giustificava anche i mezzi!! “Tutti i miei amici sono stati uccisi o sono in carcere” ci diceva; “ho sofferto tanto e non voglio che i miei bambini debbano vivere ciò che ho vissuto io!”.

Ci ha raccontato che vende caramelle sugli autobus, ma molto spesso torna a casa alla sera stanco e con pochi soldi in tasca. Per Natale, però, era riuscito a comprare ai suoi due bambini e ai loro tre fratelli un bel paio di scarpe da tennis e una macchinina ciascuno e, raccontandoci queste cose, il suo volto si era fatto radioso. Quella notte avevamo ricevuto dalla provvidenza ogni ben di Dio in frutta, dolci, era arrivato anche un panettone, ed è stata una gioia grande per noi poter condividere con lui la nostra cena di Natale.

Ora Marcos è nostro amico e ogni volta che lo incontriamo ci saluta con un largo sorriso e ci esprime tutta la sua riconoscenza per la nostra amicizia. Forse nella sua vita non aveva mai incontrato nessuno che si interessasse di lui e gli esprimesse un po’ di affetto. Siamo contente di essere qui e di sentirci parte viva di quel popolo di Dio che, ancor oggi, con fatica, cammina nel deserto sperimentando la fame, la sete, l’amarezza del peccato, la croce di tante sofferenze ma che sa anche di poter contare sulla fedeltà dell’amore di Dio che cammina con noi e che si fa sentire così vivo e così presente nella nostra storia. È questa la nostra speranza e la nostra grande gioia!

piccola sorella Adriana







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