SAHEL: rompere con le crisi

Pubblicato il 17-11-2011

di Claudio Maria Picco

La lotta contro la povertà vista dal Sahel. Parlano gli amministratori locali di Niger e Burkina Faso, a Torino per un master del Politecnico.

di Claudio Maria Picco

 

“Noi siamo stati sempre in crisi. Come ben sappiamo l’Africa non ha mai rotto il legame con le crisi”. Wankoye Moumouni, da quattro anni sindaco del comune urbano di Tera in Niger, è un giovane amministratore di un Paese con il Pil più basso del pianeta, appena 779 dollari per abitante, ma con il tasso di fertilità più alto fra i Paesi del Sahel, 7,9 figli/donna. La povertà è di casa, la lotta alla povertà è una priorità.
Il sig. Wankoje è il rappresentante di un gruppo di sindaci e amministratori di tre Paesi del Sahel, Niger, Burkina Faso e Mali, che al Politecnico di Torino seguono un master della durata di tre mesi sostenuto dalla cooperazione italiana. Mario Artuso, coordinatore del master, scrive in un suo recente libro (vedi box sotto) che nell’Africa subsahariana decentramento amministrativo e lotta alla povertà sono “due temi molto attuali”. In un contesto in cui il potere è ancora nelle mani delle autorità tradizionali, il “decentramento rappresenta probabilmente la più importante riforma istituzionale dopo l’indipendenza, mentre la povertà continua ad essere l’emergenza prioritaria per il continente”. Mezzi di comunicazione

Con alcuni degli amministratori che partecipano al progetto ci siamo incontrati una sera piovosa del dicembre scorso all’Arsenale della Pace per scambiare qualche opinione.
“Se la gente che aiuta l’Africa è in crisi - continua Wankoye - temiamo che questa crisi si ripercuota in modo rilevante su di noi, considerata la nostra forte dipendenza. Questo è un primo punto. Secondo punto: l’Africa consuma. Noi vendiamo solamente materie prime e oggi la crisi ha toccato quei settori di materie prime che noi esportiamo. Dunque se non possiamo vendere materie prime, e di conseguenza dobbiamo importare i prodotti manifatturieri, in più gravati dai rincari, l’Africa sarà - se non stiamo attenti - il continente più toccato dalla crisi”.

Abitazioni A proposito di crisi, mi viene spontaneo chiedergli come si fa a vivere con uno o due dollari al giorno, che sono il reddito medio della popolazione nigerina.
“È una domanda difficile - risponde -. Si dice che la più bella donna del mondo non può dare che quello che ha. Ci troviamo malauguratamente in una situazione in cui si vive con due dollari al giorno, ma bisogna essere sul posto per capire come vive la gente: si accontentano del minimo, fanno due o tre pasti al giorno, ma è sempre lo stesso tipo di cibo, le abitazioni non sono decenti come qui, le persone non vivono in condizioni accettabili. Si vive al minimo, anzi, si sopravvive al minimo”.

Ma cosa significa fare il sindaco in Niger? “È molto difficile. Innanzitutto è la prima volta che in Niger si organizzano elezioni per scegliere i responsabili degli enti pubblici. È la prima esperienza per il Paese, ma ancor più un’esperienza per gli intellettuali che fanno questo lavoro, non facile in un contesto dove non ci sono mezzi. Il sindaco eletto amministra senza disporre di risorse, ma si mette ugualmente a disposizione della popolazione e si dà da fare come può. In una situazione segnata dalle urgenze i sindaci hanno difficoltà a trovare delle risposte; tuttavia siamo portati a lavorare con il cuore. Lo sviluppo comincia con la responsabilità, e lo Stato ci ha dato la responsabilità di gestirci da noi. Stiamo facendo così. La popolazione comprende le difficoltà dell’amministrazione, noi comprendiamo la popolazione. È gente povera, dedita all’agricoltura e alla pastorizia, che sopravvive con quello che produce, dunque non ha ricchezze che si possono tassare per far funzionare l’amministrazione. Pur amministrando popolazioni povere, il nostro lavoro è interessante ed esaltante”.

Una domanda per tutti: cosa si può fare per migliorare le condizioni di vita della popolazione?
Ouedraogo Ayassya, Burkina Faso: “Per migliorare le condizioni di vita della popolazione ci vuole un segno di accettazione che comincia prima di tutto con l’identificazione dei bisogni delle persone. Questo è quanto la gente chiede. Bisogna conoscere le necessità e in più generare dei progetti di sviluppo in cui tutti si sentano protagonisti. Penso che a poco a poco si possa arrivare, non di colpo ma gradualmente, ad un miglioramento”.

Wankoye Moumouni, Niger: “Per migliorare le condizioni della popolazione bisogna cominciare con il migliorare la governance. Con governance non intendo solo l’amministrazione, ma l’autogestione della popolazione. Credo che il master spinga le strutture amministrative dei comuni a farsi carico al meglio degli affari del comune, cominciando con il conoscere le persone amministrate, rilevando i dati demografici per una buona pianificazione. Penso che sia il modo miglore per arrivare ad alleviare le difficoltà”.

Macine comunitarie
Bello Rouan, Niger: “I bisogni della popolazione sono enormi, sono in evoluzione e bisogna situarli nel giusto contesto. Penso che a suo tempo l’approccio utilizzato in Niger ha prima di tutto rilevato le difficoltà, soprattutto il grave problema della desertificazione. Oggi è necessario un approccio partecipativo. Si tratta di consultare la popolazione, renderla responsabile della realizzazione e fare in modo che proponga soluzioni. Alla base della governance ci deve essere la conoscenza dei bisogni. Questa è la chiave per un successo molto vasto”.

BOOK
Decentramento amministrativo e lotta alla povertà nel Niger rurale
(L’Harmattan Italia ‘08) è il titolo di una interessante pubblicazione di Mario Artuso, in cui si illustra la situazione del Niger e alcuni interventi della cooperazione italiana e internazionale. L’autore è il coordinatore didattico del master organizzato da tre anni al Politecnico di Torino, destinato agli amministratori dei Paesi del Sahel (in particolare Niger, Mali, Burkina Faso), dove le recenti riforme hanno introdotto elezioni amministrative ed un certo decentramento. L’obbiettivo principale del master è proprio preparare queste nuove figure di amministratori locali, senza però separarle troppo a lungo dalle proprie comunità. I corsi, della durata complessiva di circa 9 mesi (3 in Italia e 6 di formazione a distanza), vengono personalizzati di volta in volta sulle esigenze dei partecipanti, trattando argomenti gestionali, amministrativi e anche tecnici. L’interesse del nostro Politecnico a favore dei Paesi poveri è uno dei frutti delle iniziative del grande amico e maestro del Sermig, Giorgio Ceragioli. I suoi colleghi ed allievi stanno continuando proficuamente la sua opera.
F. Di Monaco

Sikò Yacouba, Burkina Faso: “Penso che la chiave del successo è l’investimento sull’uomo, cioè sviluppare le sue capacità umane in modo tale che sappia trovare da sé le soluzioni”.

Harouna Abdou, Niger: “Per lottare contro la povertà bisogna rivedere il quadro di vita della popolazione, offrirle una possibilità di credito con la quale possa dare vita a dei piccoli progetti per le donne e gli agricoltori, e vedere come aiutarli nei loro settori”.

Mario Artuso, Italia: “Ho la sensazione che ci sia poca conoscenza in ordine a quello che è il reale sistema economico, sociale, e anche antropico di questi Paesi e che sia molto importante per chi lavora nella cooperazione acquisire una conoscenza dei problemi, per prendere decisioni che siano realmente efficaci nel contesto in cui andiamo ad operare”.

Claudio Maria Picco
Nuovo Progetto gennaio 2009


 

 

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