Sak Yant l'arte magica del tatuaggio

Pubblicato il 01-05-2022

di Roberto Cristaudo

In lontananza un cane abbaia svogliato sovrapponendosi al campanello di una bicicletta e al vociare allegro dei bambini. Un pomeriggio come tanti nel complesso archeologico di Angkor Wat in Cambogia se non fosse che ho un appuntamento con Quang il monaco che tatuerà un sak yant sulla mia schiena.
Monaci e tatuaggi un accostamento che in occidente parrebbe quantomeno inappropriato, quasi blasfemo ma che nel sud-est asiatico è sinonimo di spiritualità, magia, e cultura antica.
Mentre beviamo un tè, Quang, mi parla del sak yant, l'antica arte di inchiostrare la pelle con complesse forme geometriche e mantra e propiziatori.

Furono gli antichi guerrieri thai a farne uso per primi tatuandosi per esorcizzare la paura e poter affrontare con coraggio le battaglie. Secondo la tradizione locale, rappresenterebbero il collegamento tra il mondo fisico e quello spirituale e sarebbero in grado di influenzare il corso dell'esistenza di chi lo riceve a patto che si seguano alcune regole fondamentali.
La prima riguarda il rispetto per una tradizione che ha radici antiche e fondamenti nella spiritualità buddhista. Si tratta di fatto di ricevere una benedizione per la quale è indispensabile recarsi da un maestro, che consiglierà il tatuaggio più adatto alla propria persona.
Sarà poi necessario un periodo di preghiera, meditazione e digiuno per far sì che il tatuaggio venga accolto dal nostro corpo.
Il dolore, dovuto alla stecca di bambù che mi punge, arriva senza preavviso, ma è abbastanza sopportabile. La sessione durerà circa 3 ore e alla fine saranno le gambe, tenute incrociate e immobili per tutta la durata, la parte del corpo che mi farà più male.

Quang ha deciso di tatuarmi un Sak Yant chiamato Paed Tidt che significa otto direzioni.
È un grande tatuaggio geometrico sacro che contiene 8 Mantra, scritti lungo 2 cerchi concentrici al centro del disegno e incorpora 8 rappresentazioni del Buddha. Mi proteggerà dagli spiriti maligni in qualsiasi direzione decida di andare. Mentre mi tatua, Quang mi narra di quanto sia importante la composizione dell'inchiostro usato, del Mantra che sta recitando durante la scrittura e del rito di attivazione che dovrò seguire scrupolosamente nelle prossime settimane; astensione da pratiche sessuali, digiuno e preghiera. Il rispetto delle regole e la determinazione di chi si fa tatuare spesso arrivano solo dopo un lungo periodo di pratiche meditative, per questo tatuarsi un Sak Yant non è una cosa banale.
Sak significa “tatuaggio” e yant, abbreviazione del pali sanscrito, lingua indiana usata nel buddismo theravada, significa "disegno sacro o magico".

Gli yant sono simboli mistici o disegni geometrici con significati esoterici, quadrati o triangoli che rappresentano le forme e le figure dei quattro elementi; terra, aria, acqua e fuoco. I cerchi rappresentano la ciclicità della vita con il suo movimento simbolico nel tempo, il sole o la luna.
Alcuni raffigurano animali o creature mitologiche legate alla simbologia asiatica, animista e buddista. Altri simboli possono includere le foglie del fico sacro, l'albero sotto il quale Siddharta Gautama raggiunse l'illuminazione.
I Mantra sono una espressione sacra che può corrispondere a una formula mistica o magica, a una preghiera, a un canto sacro o a una pratica meditativa e religiosa e vengono recitati dai maestri tatuatori, dagli sciamani, da esorcisti o da erboristi.
Ogni raffigurazione ha delle regole precise su dove, come e quando si può realizzare. Tatuarsi un sak yant è quindi un percorso impegnativo che non ha nulla a che vedere con la futile moda occidentale del tatuaggio tout court.


Roberto Cristaudo
NP gennaio 2022

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