Saluto di Ernesto Olivero al Santo Padre

Pubblicato il 03-02-2010

di grazia


Santità, L’abbiamo accolta con il canto “Ti do la pace”. L’hanno cantata per Lei bambini da tutto il mondo, giovani, uomini e donne che rappresentano l’umanità, dalla clausura al carcere alla strada.


SALUTO AL SANTO PADRE DI ERNESTO OLIVERO
31 gennaio 2004

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore. (Lc 4,18-19)
     Santità, L'abbiamo accolta con il canto "Ti do la pace". L'hanno cantata per Lei bambini da tutto il mondo, giovani, uomini e donne che rappresentano l'umanità, dalla clausura al carcere alla strada. L'abbiamo accolta con la preghiera "Dio tu sei". Nair l'ha pregata prestando la sua stupenda voce a tutti i credenti nell'unico Dio, ebrei, musulmani e cristiani. Sono due canti dell' "Opera musicale per Giovanni Paolo II" che oggi eseguiamo per la prima volta, accompagnata alla drammaturgia del Teatro Stabile di Torino e che Le dedichiamo.
     Caro Santo Padre, in ogni nostro incontro Le abbiamo ripetuto "Ti vogliamo bene". Anche oggi, e sarà sempre così. Per noi sei l'amico più prezioso e all'amico si portano i desideri più intimi, si porta la ricerca dell'impossibile che può compiersi solo in Dio. Oggi siamo diecimila a dirLe "ti vogliamo bene" ma avremmo potuto essere molti di più se questa sala fosse stata più grande. Siamo qui per dire con Lei sì alla pace. Veniamo da città e nazioni diverse: "Siamo parti, medi, alamiti…"… Veniamo da Torino, Bari, Milano, Napoli… Siamo di San Paolo del Brasile, di Tirana e Amman… parliamo tutti il linguaggio dell'amore. Quell'amore che diventa vero e forte se si fa pane per l'affamato, lavoro per il disoccupato, visita al carcerato, amico dell'anziano, compagno di giochi dei bambini, ascolto dell'altro. La forza dell'amore ci fa comprendere che la realtà di oggi sembra senza speranza tanta è l'indifferenza, tanto è l'odio, tante le guerre.
     Eppure, malgrado questo, continuiamo a credere che la pace è alle soglie. Ma noi uomini, noi donne dobbiamo tirare fuori il meglio di noi stessi. Dobbiamo incontrarci, ascoltarci, imparare a dialogare. Il dialogo è la speranza della pace. Solo se impariamo a dialogare, la pace potrà abitare in mezzo a noi. Non c'è mai stata pace sulla Terra: perché non può esserci oggi? Quanti uomini devono ancora morire prima che la pace diventi realtà?
     Se guardiamo al passato, forse nessuno è senza peccato. Ma da oggi noi vogliamo lottare contro la fame nel mondo, dare immediatamente una speranza a chi muore di fame, a chi è in carcere, ai bambini di strada, alle donne costrette alla prostituzione, a chi è senza casa, a chi nella
sua terra non è libero di professare la propria fede, agli emigranti che cercano sicurezza di vita. Vorremmo che questo fosse il desiderio più forte per tutti. Per credenti e non credenti, per le forze politiche, per i sindacati, per l'economia ma specialmente per i giovani.
     Siamo qui con Lei, Santo Padre, perché crediamo che il dialogo è la chiave della pace. La pace vincerà se dialoghiamo. E' forte in tutti noi il desiderio di "cieli nuovi e terra nuova". Una Terra amica, dove nessuno si senta straniero. Una Terra che dà vita a tutti gli uomini, cancellando da oggi la fame nel mondo. Ma perché questo diventi realtà oggi vogliamo imparare a considerare le diversità una ricchezza, scoprendo il meglio che Dio ha seminato nell'altro.
     Vogliamo imparare dai musulmani il rispetto per la sacralità della religione e vorremmo che i musulmani imparassero dai cristiani la carità che è dono di Dio. Vogliamo imparare dagli ebrei la fedeltà all'ascolto della Parola di Dio e vorremmo che gli ebrei imparassero dai cristiani Gesù, Figlio di Dio. Vogliamo imparare la rettitudine di molti non credenti e dire loro che la partita con Dio non è mai chiusa.
     Perché il dialogo diventi concreto abbiamo realizzato "l'Università del Dialogo" per la formazione permanente di giovani di ogni colore, di ogni nazione, di ogni cultura, laici o credenti. E' una Università itinerante: cammina e si ritrova dove c'è bisogno di sostenere, incoraggiare, costruire percorsi di pace. La sede sarà nelle scuole, nelle università di Torino e Parigi, di Bari e di Bologna. Ma anche a Baghdad e a Gerusalemme per aiutare l'incontro tra le parti in conflitto. Andremo nelle favelas del Brasile per dire che i bambini non sono un problema ma la soluzione di tanti problemi. Il dialogo conviene a ebrei, musulmani, cristiani, credenti e non credenti, conviene veramente a tutti. Uno dei primi gesti che faremo sarà l'invito rivolto ad un gruppo di giovani israeliani e palestinesi a vivere per un periodo all'Arsenale della Pace per ricercare insieme strade di pace.
     Dedichiamo questa Università al Cardinal Van Thuan maestro di dialogo con i nemici e a Giorgio Ceragioli, maestro buono, che ci ha aiutato a non aver paura del futuro. Sono tanti i maestri che hanno camminato con noi. Ne ricordo uno: Benigno Zaccagnini, uomo di grande saggezza e politico che ha servito con vera onestà la nazione. La sua semplicità rivive in sua moglie Anna e nella sua famiglia, che ringrazio di essere oggi qui.
     Terranno lezioni in questa Università esponenti della politica, dell'economia, delle religioni, dello spettacolo, dell'arte. Ci aiuteranno a capire come ogni disciplina debba contribuire a far avanzare la pace.
     Santo Padre, siamo qui perché vorremmo fosse Lei, oggi, a tenere la prima lezione di questa Università del Dialogo. Caro Santo Padre, grazie di cuore per questo incontro e per quanto ci dirà. Il bene che Le vogliamo Le sia sempre vicino come la nostra preghiera.





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