Senza relax

Pubblicato il 19-12-2011

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - Il rifiuto del cibo spesso comunica forti disagi sul piano delle emozioni e degli affetti. Annachiara è una bambina di dieci anni e mezzo che presenta problemi alimentari, iniziati improvvisamente nell’estate dello scorso anno. Da allora, oltre alla ridotta assunzione di cibo, è comparsa anche una modificazione del tono del suo umore: prima allegra e serena, Annachiara si è fatta più cupa, malinconica e manifesta ansia e timori attraverso pianti prolungati ed episodi di vomito. La bambina frequenta l’ultimo anno della scuola elementare con ottimi risultati: per lei la riuscita scolastica è molto importante, come anche il successo nelle varie attività sportive ed artistiche che svolge da anni. Tutto questo comporta fatica e impone un ritmo di vita sostenuto, spesso a scapito di momenti da dedicare alle amicizie o alla semplice attività di gioco libero. I genitori riferiscono che, paradossalmente, il primo esordio dei disturbi pare proprio essere stato in coincidenza della chiusura dell’anno scolastico e della quasi contemporanea sospensione di tutti gli altri impegni quotidiani (allenamenti, compiti, catechismo, esercizi di musica).

Questa interruzione avrebbe potuto essere finalmente vissuta come una meritata pausa di relax, ma – dopo un primo momento di disorientamento – ha comportato invece la necessità di trovare delle alternative per riempire il tempo libero della figlia, che insistentemente richiedeva di poter continuare a confrontarsi e competere con i coetanei. D’altra parte Annachiara viene descritta come una bambina piena di vita e di energia, che ha sempre cercato di primeggiare nelle varie attività intraprese, ricavandone soddisfazione ed entusiasmo. Entrambi i genitori esprimono però queste loro osservazioni in modo ambivalente, con un misto di preoccupazione e di compiacimento: per quanto dichiarino di desiderare per la figlia spazi di riposo e libertà, lasciano trasparire messaggi che richiedono comunque la garanzia di prestazioni sempre più brillanti. Una figlia perfetta, insomma, che soddisfi pienamente le loro aspettative. Così Annachiara si trova intrappolata – senza saperlo – in un circolo vizioso, che la costringe a mettersi continuamente alla prova per dimostrare la sua bravura in ogni campo. In questo modo è certa di assicurarsi ciò che più conta per ogni bambino: l’amore e la stima di mamma e papà. Ma nello stesso tempo è angosciata dal timore di deluderli e di non reggere più la fatica e la tensione che derivano da uno sforzo ininterrotto.
Una bambina diligente, precisa, sempre pronta ad adattarsi alle richieste altrui, in particolare quelle provenienti dai genitori: tutto questo a scapito delle proprie esigenze più autentiche, della propria vera natura, della libera espressione di sé. Risultato? Qualcosa dentro di lei le suggerisce di rifiutare il cibo: non per il desiderio di dimagrire o la preoccupazione ossessiva per la forma fisica (come sembra succedere a molte ragazze adolescenti, che iniziano a seguire una banale dieta e poi si rivelano anoressiche), ma per chiedere aiuto, per esprimere in qualche modo attraverso il corpo un disagio, un conflitto sul piano delle emozioni e degli affetti. Del resto il cibo ha sempre assunto un forte valore simbolico in tutte le culture e in tutti i tempi: nutrirsi significa desiderare la vita, goderla, amarla. Mangiare è un modo di comunicare con il proprio ambiente e quindi col mondo, con gli altri esseri umani e con ciò che essi offrono, in un continuo dare e ricevere, prendere e lasciare, chiedere e donare. Il pane è seme, terra, aria, acqua, sole. Il pane è rendimento di grazie.

DILLO A GABRIELLA – Rubrica di Nuovo Progetto
Gabriella Delpero - Neuro psichiatra infantile

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