Serve più equilibrio

Pubblicato il 18-10-2012

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - “Una vera relazione educativa richiede l’armonia e la reciproca fecondazione tra sfera razionale e mondo affettivo”.

Negli ultimi anni si è verificata nelle famiglie e soprattutto nel mondo della scuola un’evidente crescita dell’interesse e dell’attenzione nei confronti delle emozioni. Ciò che un tempo era considerata una componente secondaria dello sviluppo globale di un bambino, la cosiddetta sfera emotivo-affettiva, è ora al centro di approfondimenti e ricerche in ogni parte del mondo. Appare invece un po’ ridimensionato il primato assoluto della crescita intellettiva, da sempre sinonimo di buona salute mentale e brillante capacità di apprendimento, quindi automatica garanzia di successo negli studi.

Questo cambiamento di prospettiva ha dato inizio ad una serie di ricerche in varie scuole (soprattutto scuole dell’infanzia e primarie) e a successivi percorsi di intervento che pongono in primo piano sentimenti ed emozioni, riconoscendo ad essi un ruolo determinante nel benessere di ogni alunno. Si parla insomma sempre più spesso anche nella scuola di competenza emotiva come importante caratteristica dell’individuo, da stimolare e far crescere fin dall’infanzia. Ma che cosa si intende esattamente con questa espressione? La competenza emotiva può essere definita come la capacità di capire le proprie emozioni e quelle degli altri e di saperle gestire nel miglior modo possibile nei nostri quotidiani comportamenti e rapporti sociali. Capire cosa provo nel cuore (e cosa provano gli altri) per imparare a vivere meglio.

Del resto fin dai primi mesi di vita il bambino mostra già una precoce predisposizione ad aprirsi al mondo e a comunicare ciò che sente dentro di sé alle altre persone. Questa naturale predisposizione va poi incentivata dalla mamma (e dagli altri adulti che si curano di lui) con la necessaria empatia, cioè proprio con la capacità di mettersi nei suoi panni. Così il bambino vede che i suoi stati d’animo possono essere capiti e si accorge che egli può a sua volta sforzarsi di capire quelli degli altri. Intesa in questo modo, la competenza emotiva è certamente un bene da acquisire e da promuovere, ed è quindi positivo che sia entrata a far parte delle preoccupazioni di coloro che svolgono un ruolo educativo.

Come in ogni campo, però, non bisogna perdere di vista equilibrio e saggezza. Si avverte invece da più parti un certo sbilanciamento: sono molte ormai le situazioni in cui viene dato un peso eccessivo alla dimensione emozionale, intesa come semplice e sempre legittima espressione degli impulsi momentanei. Il fenomeno è oggi senz’altro amplificato in modo preoccupante dai mezzi di comunicazione, che fanno ormai leva quasi esclusivamente sull’emotività degli spettatori, ne sollecitano continuamente i sensi e ne trascurano la capacità di riflessione e lo spirito critico.

Il modello della spontaneità ad ogni costo porta ad assolutizzare umori e pulsioni: tutto ciò che piace e si può ottenere diventa buono e tutto ciò che costa fatica, sacrificio ed impegno va evitato. Spesso prevale l’eccitazione sull’esigenza della riflessione, l’ansia e la fretta dominano sulla calma e la capacità di attesa, il risultato gratificante è diventato un diritto. Si finisce così ad esempio con l’interpretare le normali difficoltà che un bambino può incontrare in vari momenti del suo percorso scolastico come sintomi di un disagio o più ancora di una vera e propria patologia. Oppure si può pensare che tutto ciò che per il bambino può essere fonte di dispiacere diventi automaticamente causa di un profondo trauma psicologico e che vada quindi ad ogni costo evitato.
Ricordiamo: una vera relazione educativa richiede l’armonia e la reciproca fecondazione tra sfera razionale e mondo affettivo, intelligenza e sensibilità, mente, cuore e spirito.

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