Sono arrabbiata

Pubblicato il 10-08-2011

di Elena Canalis

 

Lavoro precario, sottopagato, in nero. È la realtà che si nasconde spesso dietro a tanti giovani che è troppo facile definire bamboccioni.

di Elena Canalis
 

 

 
Il sole 24 ore a dicembre ha fatto un’analisi dei dati Istat sulla disoccupazione. In sintesi: la disoccupazione è cresciuta poco rispetto al dramma che ci si aspettava, ma la disoccupazione giovanile è invece cresciuta tanto, arrivando al 27%. Più di un giovane su quattro è disoccupato, cioè non è impegnato né nella scuola, né nel lavoro. Siamo tutti bamboccioni viziati? Non so. Quel che so è che questo 27%, di per sé sterile, trova invece una piena corrispondenza nelle vite dei miei amici.
 
Giorgio, venticinquenne, architetto, da un anno lavora in nero per 800 euro al mese presso lo studio di un importante ingegnere. Ha attrezzato lo scantinato dello studio con il computer di Giorgio e di altri in nero come lui, così se arrivasse un controllo dell’ispettorato del lavoro, possono nascondersi in un bar lì vicino senza dare nell’occhio.
Letizia, ventiquattrenne, ha già maturato oltre quattromila euro di provvigioni, ma le danno 250 euro al mese perché non ci sono soldi, anche se il titolare cinquantenne ha lo stipendio di settemila euro.
Daniela vorrebbe sposarsi e andare a vivere con il suo fidanzato, ma entrambi lavorano con contratti a progetto dove l’impegno è a tempo pieno e oltre, ma la paga è di 500 euro al mese e allora il loro progetto di famiglia deve essere rimandato.
 
Antonio lavora ormai da tre anni, da subito assunto con contratto regolare, ma il suo posto di lavoro prevede di entrare per le nove e uscire non prima delle ventidue. Così, tra tutti i miei amici io mi sento una mosca bianca.
Ho 32 anni e lavoro da 7 anni regolarmente assunta facendo straordinari così come dovrebbe essere: in modo straordinario. Sono una donna fortunata. Ho cambiato tre diverse società. L’esperienza in ognuna è terminata per ragioni diverse, ma con un comune denominatore: l’azienda era in crisi.
 
Crisi economica, perché il costo del lavoro in Italia non era più competitivo rispetto al lavoro in Cina o in Romania. Crisi finanziaria, perché i crediti e i debiti mal gestiti stavano esplodendo. Crisi manageriale, perché i responsabili non avevano le competenze per gestire il momento di vacche magre, abituati come erano a scialare nel momento della ricchezza. Così adesso sono arrabbiata perché la crisi è arrivata dopo anni di spreco. Uno degli amministratori delegati con cui ho avuto a che fare, dopo aver condotto una floridissima società alla crisi, se n’è andato con una buona uscita di otto milioni di euro. Dopo di lui, per cercare di ristrutturare l’azienda, hanno iniziato dove era facile iniziare: lasciando a casa tutti i giovani stagisti e i ragazzi assunti a tempo determinato.
 
Sono arrabbiata perché ho sentito dire a giovani validissimi sotto-pagati che il loro stipendio non poteva essere più alto e congruente per le loro capacità, dovendo compensare i costi vertiginosi di colleghi più senior. Sono arrabbiata perché adesso avere un mutuo è ancora più difficile di prima e quindi ormai scegliere di metter su famiglia deve essere valutato in base alle regole bancarie. Di nuovo per compensare lo spreco di prima.
 
Sono arrabbiata perché alla fine chi ci rimette di più sono di nuovo i giovani: ormai siamo in tanti a cercare un lavoro e quindi ci hanno costretto ad accontentarci di uno in nero e sotto pagato. Tutto questo deve cambiare. Voglio trovare una strada di riconciliazione. Non una strada di demagogiche parole falsamente consolatorie.
Elena Canalis

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