Sport dopo il virus

Pubblicato il 24-08-2020

di Carlo Nesti

Lo sport è solo uno dei settori sui quali l’impatto del Covid-19 rischia di essere tremendo. Ma è un settore importante, soprattutto nel momento in cui si spazza via un luogo comune. È chiaro che l’universo mass-mediatico, nel 99% dei casi, documenta i danni inflitti allo sport elitario, ed in particolare al calcio iperprofessionistico. Sono a rischio i diritti televisivi, che alimentano il football di vertice più di ogni altra fonte di guadagno, con ripercussioni inevitabili sugli stipendi.

Ma sarebbe colpevole dimenticare lo sport di base, e cioè quello che coinvolge famiglie, scuole, centri sportivi, e centri di riabilitazione. In particolare, soffermiamoci su quest’ultimo aspetto. Per tanti ragazzi e ragazze con disabilità, lo sport rappresenta una fondamentale occasione di socialità e di crescita. Per loro, l’isolamento comporta scompensi ancora più gravi, perché lo sport fa parte del percorso riabilitativo-terapeutico: una valvola di sfogo. L’esempio degli atleti paralimpici, oltretutto, è trainante per l’intera società, se pensiamo ai momenti bui che hanno dovuto attraversare, dopo gli incidenti, paragonabili a quelli dell’umanità intera, colpita dal coronavirus.

Proprio grazie all’attività fisica e agonistica, hanno dimostrato la capacità di resilienza, che serve ora a tutti noi. Hanno dimostrato la capacità di rialzarsi da terra, come dovremo cercare di fare tutti noi.

Ecco perché il problema non è avere rinviato di un anno le Olimpiadi e gli Europei di calcio, ma garantire un sostegno economico anche a questa parte del Paese, che merita di essere aiutata. Il distanziamento fisico, al quale il Covid-19 ci ha chiamati, viaggia di pari passo con il rischio di un distanziamento sociale: i poveri ancora più poveri. Non dobbiamo togliere ai figli di quelle famiglie il diritto allo sport, come fonte di benessere psico-fisico.

Come ha scritto Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico: «Dobbiamo lavorare perché lo sport non sia misurato solo attraverso il numero, che identifica l’incidenza sul Pil del Paese, ma anche attraverso quel valore indefinito, che deriva dall’investimento sulle persone: sul capitale umano».

Carlo Nesti
NP maggio 2020

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