Teologi veri

Pubblicato il 06-06-2021

di Flaminia Morandi

Quando pensiamo ai Padri della Chiesa, ci immaginiamo degli avatar lontani, inarrivabili. I Padri Cappadoci, per esempio. Basilio il Grande, fautore della vita in comunità, fondatore delle prime città della carità con accoglienze, foresterie e lebbrosari, era uno che andava al sodo: «Che significa essere cristiani? Amarsi gli uni gli altri come il Signore ci ha amati. Avere il Signore sempre presente davanti agli occhi. Vegliare giorno e notte per accogliere l'imprevisto, perché il Signore viene quando meno si pensa». (Sì all'amore, Presenza, Imprevisto accolto: ma non sono i pilastri della Regola del Sì?). Basilio non ha avuto vita facile: gli è toccato anche essere sospettato di eresia. Si sfoga scrivendo ad un amico: «La depressione è la causa principale del mio cattivo stato di salute. I miei malesseri vengono dalle troppe pene».

Basilio era amicissimo di Gregorio di Nazianzo, anche lui della Cappadocia, oggi una regione della Turchia. Due tipi diversissimi. Basilio contemplativo, riservato, attento amministratore. Gregorio poeta innamorato di Dio, sempre in fuga davanti alle cariche, cent'anni dopo la sua morte chiamato "il teologo", ma nel significato che aveva nel IV-V secolo: non "scienziato" (?) delle cose di Dio, ma uno che sa vedere la realtà con uno sguardo purificato e testimonia Dio con la santità della vita. Un amante del silenzio: «Ah, fratelli! Voi non conoscete quel dono divino che è il silenzio: che privilegio non essere costretti ad insegnare!» Eppure, senza volerlo, è stato il maestro di Massimo il Confessore, Diadoco di Fotica, Agostino, Girolamo, Francesco di Sales, Newman. Spontaneo, vivace.
Dalla parte delle donne: «Perché la donna adultera deve essere punita mentre l'uomo infedele non deve rendere conto a nessuno? Non posso accettare una legge simile, né seguire una simile consuetudine».

Infine c'è l'altro Gregorio, il terzo cappadoce: Gregorio di Nissa, fratello minore di Basilio. Una famiglia di persone speciali, la loro: la nonna paterna Macrina, la madre Emmelia, la sorella Macrina, tutte sante. Era sposato e innamorato teneramente di sua moglie. Contro la sua volontà, il fratello l'ha voluto vescovo. Scrittore in età matura e pensatore forse più profondo degli altri due. Il mistico della ricerca, dell'ascesi di cui è immagine la salita di Mosè sull'Oreb («Trovare Dio consiste nel cercarlo senza posa. Cercare non è diverso dal trovare»; «il frutto della ricerca è la stessa ricerca; la vera perfezione non si raggiunge mai, essa ha un solo limite: quello di non averne alcuno»; «la santità è opera di Cristo»). A lui, sposato, il fratello Basilio, che peraltro lo criticava per la sua ingenuità e inettitudine pratica, chiese di scrivere il manifesto della vita monastica, che doveva ispirare le sue comunità. E trasformò lui, marito innamorato, in guida spirituale dei monaci.

I Padri della Chiesa non sono avatar, né tantomeno santini. Se guardiamo bene, i Padri sono ancora tra noi. Certo, ci vogliono occhi da teologi per riconoscerli. Da teologi "veri". Non da "scienziati" di Dio. Occhi da innamorati di Dio.


Flaminia Morandi
NP febbraio 2021

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