Tsunami e carità

Pubblicato il 31-08-2009

di Loris Dadam


Sono passati tre mesi esatti dallo Tsunami che il 26 dicembre 2004 spazzò via in pochi minuti intere popolazioni dalla faccia della terra. È notizia di questi giorni la morte della dottoressa di Medici con l’Africa - Cuamm Maria Bonino, che ricordiamo, morta a causa dell’epidemia di febbre di Marburg, che ha già causato molte vittime nel Nord dell’Angola…

di Loris Dadam

Accanto alle vittime della tragedia naturale del Sud-Est Asiatico, non si possono dimenticare dunque quelle dell’Aids, della malaria, della fame, della guerra, in Africa e non solo. Anche qui le cifre fanno spavento. Cosa fare allora? Anche per venire finalmente incontro ai bisogni di coloro che non appaiono in televisione.

Al di là della dimensione della tragedia, quello che mi ha impressionato di più è stata la generosità dei governi e dei privati, impegnati in una specie di gara a chi dava di più. La cosa appare ancor più stupefacente se si pensa che in precedenti disgrazie gli aiuti non avevano avuto le stesse dimensioni e, soprattutto, se confrontiamo cinicamente il numero dei morti, circa 160.000, con quelli provocati da altre cause, non così occasionali.

In alcuni articoli precedenti (cfr. N.P. febbraio 03, Giu-luglio 03) ho segnalato che, in Africa, l’AIDS uccide lo stesso numero di vittime dello Tsunami in circa 15-16 giorni e la Malaria in un mese, di cui la metà bambini sotto i 5 anni.
L’Africa (che è il vero problema sociale dell’umanità) vive quindi in una situazione di Tsunami quotidiano e permanente, al quale si può rimediare con risorse inferiori di quelle mobilitate per il sud-est asiatico (5-6 miliardi di dollari).
Abbiamo infatti visto che con 350 Euro si cura un africano dall’AIDS, e con 5 (cinque!) Euro (costo delle zanzariere trattate con insetticidi) si può salvare un bambino dalla malaria.

Facendo un po’ di conti da ragioniere, abbiamo: ogni anno muoiono 900.000 bambini sotto i 5 anni di malaria; se diamo ad ognuno una zanzariera del costo di 5 Euro l’una, pari a 4,5 milioni di Euro, la statistica dice che dimezziamo la mortalità, quindi 450.000 bimbi salvati. Costo per vita umana: 10 Euro, pari a 10 messaggini SMS pro-Tsunami.

Di AIDS ne muoiono circa 3 milioni l’anno. Il cocktail di medicine, eliminati i diritti di brevetto delle case farmaceutiche, costa circa 350 Euro per ammalato, per un totale di 1,05 miliardi di Euro. La malattia è terribile, ma se interveniamo sui sieropositivi e, soprattutto impediamo il contagio, di quanto possiamo limitare i decessi?
Non sappiamo. Possiamo ipotizzare un misero 20%? Bene. Fanno 600.000 persone, che sommate ai 450.000 salvati dalla malaria, diventano più di un milione di morti in meno ogni anno al costo complessivo di poco più di un miliardo. Costo medio per vita umana: 1000 Euro.

Le somme fin qui stanziate per lo Tsunami superano abbondantemente i 30.000 Euro per ogni vittima.
Si dirà che lì c’è tutta una struttura sociale, un’economia intera da costruire: la risorsa turismo da rilanciare, milioni di ettari di terreno agricolo da bonificare dall’acqua marina, verificare l’ecosistema marino che da da mangiare a migliaia di pescatori.
Tutto giusto. Ma la stessa cosa va fatta nelle zone africane affette dall’AIDS, dalla malaria e dalla tubercolosi: va ricostruito un uso produttivo delle risorse locali ed un riequilibrio sociale ed ambientale, senza i quali le medicine da sole ben poco possono.
Le motivazioni profonde di questa lodevole corsa di donatori stanno quindi da qualche altra parte, prima di tutto l’assoluta imprevedibilità della tragedia e l’ampiezza dei luoghi colpiti.

La causa, poi, questa volta, è stata assolutamente naturale: non si è riuscito ad incolpare nessun umano, né inquinatori, né cementificatori, né le solite perfide multinazionali, nemmeno il buco nell’ozono.
Quello che ha poi mosso l’animo dei popoli occidentali (un miliardo di Euro dai soli tedeschi) è il fatto che sono stati distrutti i luoghi dove la loro piccola borghesia va normalmente in vacanza: milioni di persone hanno visto alla televisione devastate le spiagge dove una qualche volta loro o i loro amici si sono sdraiati a prendere il sole. Un po’ come se arrivasse un’onda a portare via mezza Alassio mentre i torinesi sono in vacanza.
Nel mondo globalizzato, comunque, quando tanti soldi vengono impiegati in un’area geografica, per qualsiasi motivo, si spostano degli equilibri economici e politici.
Dobbiamo valutare con attenzione quello che è successo negli ultimi decenni sullo scacchiere mondiale: il centro geo-politico è passato dall’area Atlantica a quella del Pacifico.

Su un’area, quella del Pacifico, che aveva già una preminenza assoluta di tipo tecnologico da almeno vent’anni, grazie alla West Coast americana, Giappone, Australia, Corea, Singapore, Hong Kong, è arrivata la Cina ad aggiungere una potenza di 1,3 miliardi di persone ed una crescita al tasso annuo del 20%.
Lo tsunami arriva ai bordi di un’area che esprime i massimi livelli di integrazione economica e tecnologica e dove sono già presenti le due massime economie globali: USA e Giappone.
Sugli aiuti si gioca quindi anche una gara di tipo egemonico fra le grandi potenze dell’area in funzione del contenimento dell’influenza cinese in Asia, non a caso i primi ad intervenire sia con gli aiuti, sia con grandi stanziamenti di denaro sono stati Australia, Stati Uniti e Giappone.

L’Europa, come al solito, ha visto gli Stati membri in ordine sparso, con grandi stanziamenti da parte di Germania, Inghilterra, Norvegia ed Italia e la consueta Francia a voler coordinare anche gli aiuti degli altri. La grande macchina umanitaria è comunque partita. Ci chiediamo quale disastro sia ancora necessario perché la macchina parta anche per l’Africa: dieci sms da un euro e si salva un bambino!





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