UGANDA: per il Nord è ancora notte

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Sono 10 milioni e 400mila gli elettori ugandesi chiamati oggi, 23 febbraio 2006, alle urne per le elezioni presidenziali e parlamentari. In tutto i candidati alla Presidenza sono 5 ma il vero confronto è tra il Presidente uscente Yoweri Museveni e il suo ex medico personale, Kizza Besigye, capo del Forum per il cambiamento democratico. I sondaggi effettuati nelle ultime settimane attribuiscono infatti all’attuale Capo dello Stato, e leader del Movimento di Resistenza Nazionale, il 47 per cento dei voti, mentre Besigye otterrebbe il 36 per

di Fernanda Pellizzer

Le elezioni di domani sono le prime multipartitiche da quando Museveni ha preso il potere nel 1986. Gli elettori si erano espressi per un ritorno al multipartitismo in un referendum che si è svolto nel luglio scorso.
Besigye è in rotta con Museveni per aver pubblicato un articolo nel quale accusava l’attuale Presidente di essere un dittatore. Dopo aver perso le elezioni nel 2001, Besigye si era rifugiato in Sudafrica, affermando di temere per la propria vita. Nel 2005 rientra in Uganda, ma viene arrestato per un breve periodo con l’accusa di tradimento. Truppe delle forze armate ugandesi hanno preso d'assedio l’ingresso dell'edificio che ospita l’Alta corte, dove 22 imputati devono rispondere di alto tradimento insieme a Besigye, il cui processo è stato però aggiornato al 15 marzo, dopo le elezioni. Intanto gli osservatori dell’Unione Africana (Ua) – saranno in tutto 400 gli stranieri che seguiranno il voto – hanno assicurato che ci sono le condizioni per un voto “libero e trasparente” malgrado alcuni disordini registrati negli ultimi giorni in diverse zone del Paese, affermando di essere soddisfatti per il lavoro svolto dalla Commissione elettorale

(Agenzie Fides e Misna).


Il presidente ugandese, Yoweri Museveni

In attesa degli esiti del voto, pubblichiamo una lettera indirizzataci da Gulu (Nord Uganda), dove la guerra è ancora l’unica realtà, la condizione dei profughi rimane drammatica e la siccità che ha già colpito buona parte dell’Africa orientale è una minaccia incombente.

Viviamo in una realtà molto distorta e confusa e non è facile darle un senso. Qui nel Nord Uganda, 1.600.000 persone (“Internaly Displace People”) vivono nei campi, tra sofferenza e paura. Nei campi profughi non ci si può permettere nessuna trasgressione perché i campi sono limitanti in tutti i sensi.

Si può uscire dal campo per pochi chilometri solo quando i soldati aprono il campo, verso le 9-10 del mattino, e bisogna farne ritorno prima delle 4 del pomeriggio. Quando tramonta il sole nessuno si deve muovere da una capanna all’altra e le capanne sono così vicine che si sente respirare l’altro, non c’è nessuna privatezza.

I soldati sono sempre lì che controllano e tra loro e la popolazione spesse volte non c’è dialogo ma l’unico interlocutore è il fucile. È proprio successo nel campo di Lalogi, uno dei 143 campi di rifugiati nella terra Acholi, nella tarda notte dello scorso Natale: un ragazzo forse un po’ confuso dalla disperazione e dall’alcol si aggirava per il campo ignaro del coprifuoco e i soldati hanno sparato e l’hanno ucciso. La popolazione è insorta contro l’ennesimo sopruso e si è diretta verso la base militare per chiedere spiegazioni, ma anche con determinazione perché stanca di essere sempre messa a tacere. La gente aveva sassi tra le mani ma i soldati avevano proiettili nei loro fucili e così il dialogo era impari; sono rimasti per terra 4 corpi di civili oltre a quello del ragazzo e 16 gravemente feriti sono stati trasportati in ospedale. Che dire?

Migliaia di bambini/e alla sera si rifugiano sotto le verande dei negozi di Gulu o negli ospedali, nelle strutture scolastiche e delle chiese per proteggersi, per cercare più protezione dai famigerati ribelli LRA, “Lord Resistence Army”, di cui l’80% sono bambini. Il 21 dicembre del 2004 il Sottosegretario delle Nazioni Unite, Jan Egeland, dopo una visita al Nord Uganda affermava: “In quale altra parte del mondo ci sono stati 30.000 bambini rapiti dai guerriglieri, il 90% di una popolazione profuga nella sua stessa terra e l’80% del movimento terrorista formato da bambini?”.

Il confine tra Uganda e Kenya

In questo periodo la stagione è secca e di giorno fa molto caldo, 38-40 gradi, ma di notte il termometro scende fino a 10-12 e i “Night Commuters”, i “camminatori della notte”, senza una coperta battono i denti. Si parla di 40.000 “Night Commuters”, i bambini/e per i quali non c’è altro posto che fuori al freddo. Non c’è posto per tutti i profughi Acholi neppure nei nostri cuori, nelle nostre coscienze, non c’è posto sui giornali per parlare di loro, della loro sofferenza, della loro umiliazione, della loro rabbia nell’essere profughi nella loro stessa terra, nel dover vivere di miseria e di stenti. Sì, di stenti, ricevono infatti 4,5 kg. di farina di granoturco al mese dal World Food Program e 3,8 kg. di farina di soia, il minimo per non morire di fame, in una terra fertile che non possono più coltivare e di cui un tempo andavano fieri.

Eppure non vogliamo che la Speranza si spenga, che i nostri cuori si assopiscano per la tristezza, ma vogliamo soffiare sul fuoco dell’amore, della solidarietà, affinché una fiamma più viva illumini e riscaldi questa notte del Nord Uganda.

Fernanda Pellizzer
Missionaria Comboniana

Altri articoli:
Stop alla guerra nel Nord Uganda








Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok