Ultimatum

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Sono le due in Italia, a Washington è l’ora di cena, quando George W. Bush pronuncia il suo discorso davanti alle telecamere. E’ un ultimatum per Saddam, ha 48 ore per lasciare l’Iraq o sarà guerra.

...Claudio Maria Picco

Negli ultimi giorni la crisi si è aggravata. Il vertice delle Azzorre della scorsa domenica è servito a Bush, Blair e Aznar per mettere a punto gli ultimi dettagli di una strategia determinata soprattutto a usare la forza per disarmare il dittatore iracheno. Grande assente il capo del governo italiano Berlusconi, che però ha incassato il grazie personale di Bush per l'appoggio dato nella guerra contro il terrorismo internazionale.

Vista l'impossibilità di ottenere la maggioranza dei voti nel consiglio di sicurezza dell'ONU -occorrono 9 voti su 15- gli Stati Uniti hanno deciso di fare da soli, di fatto sganciandosi dalla legittimazione delle Nazioni Unite, necessaria secondo il diritto internazionale per fare la guerra. Saddam rispedisce l'ultimatum al mittente dichiarando per bocca del suo ministro degli esteri che l'unico che deve andarsene è Bush e minaccia di allargare il conflitto a tutto il mondo.
E' disposto a vendere cara la pelle, non solo la propria e dei suoi fedelissimi, ma anche quella del suo popolo. Bisognerà vedere se alla prova dei fatti l'esercito e la gente lo seguirà fino al martirio, come lui spera, o lo abbandonerà al suo destino. A prima vista sembra ormai tutto deciso. Le truppe sono sul campo, sono addestratissime, sono impazienti, sono armate fino ai denti con ogni sorta di armi "intelligenti", quelle per capirci che uccidono solo il "nemico" e non i civili! In realtà non è cosi.
Tanto Bush che Blair devono fare i conti con una opinione pubblica che è sempre più schierata sul fronte della pace. Secondo dati della Cnn il 50% degli Americani è contrario ad una iniziativa unilaterale sganciata dalla copertura dell'Onu. Blair è ancora più in difficoltà. Sta per affrontare un dibattito in Parlamento che si preannuncia tutt'altro che scontato vista l'opposizione interna al suo stesso partito che ha già avuto un esito clamoroso con le dimissioni del ministro Robin Cook.
In Europa le cose non vanno meglio per i sostenitori dell'uso della forza. Francia e Germania sono contrarie; il governo italiano deve ancora superare l'ostacolo del dibattito alle camere e dovrà fronteggiare l'opposizione contraria alla guerra, favorevole ad una soluzione pacifica della crisi sotto l'ombrello dell'ONU e forte del consenso di ampi strati della popolazione. Russia e Cina sono da tempo schierate sul fronte del no. Per ora gli unici segnali favorevoli arrivano dalle borse che ieri hanno registrato un'impennata positiva, ma si sa gli affari sono affari e di rado tengono conto dei valori e del bene comune.
Appelli per la pace arrivano a raffica dal Vaticano. All'angelus di domenica il Papa, parlando a braccio con voce roca ma ferma, alza l'indice della mano destra per sottolineare con forza il suo "mai più guerre", grido profetico e trasparente di un instancabile testimone della pace. La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana chiede ai "responsabili politici dell'Iraq di collaborare in maniera piena e immediata con la comunità internazionale, al fine di eliminare ogni motivo di intervento armato.
Chiede parimenti a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite di non ricorrere all'uso della forza finché non sia esaurita ogni possibilità di soluzione pacifica, secondo i principi della stessa Carta dell'Onu. Chiede inoltre al Governo italiano un rinnovato impegno in questa direzione. Domanda in particolare ai credenti, consapevoli che la pace è anzitutto dono di Dio, di insistere nella preghiera e nella penitenza per implorare questo dono, di inestimabile valore per il presente e per il futuro della famiglia umana".
Intanto il Nunzio Apostolico in queste ore drammatiche resta a Baghdad, fino a nuovo ordine. Gli ispettori dell'Onu e gli altri stranieri stanno già abbandonando l'Iraq che è ormai diventata una terra a rischio. Secondo un rapporto confidenziale dell'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari della Nazioni Unite dello scorso gennaio sarebbero circa 1 milione i bambini iracheni a rischio di morte per fame o per malnutrizione in caso di guerra. Questo dato ci aiuta a capire la gravità dei retroscena di un conflitto che non ha ragioni, che non ha alibi, che provocherà di sicuro un incalcolabile tragedia umanitaria.
Intanto la mossa di Bush ha prodotto una prima conseguenza: l'Onu è delegittimato, e avrà bisogno di una riforma. Anche l'Europa è di fatto in crisi, schierata su due fronti contrapposti. Un'Europa monetaria certo, ma non politica, non dei popoli. Il fronte della pace in queste ore drammatiche deve dare prova di fermezza, senza arrendersi, neanche dopo un eventuale inizio delle ostilità. La pace non si ferma, ma ha bisogno di gesti concreti: di giustizia, di solidarietà, di perdono.
18 marzo 2003
Claudio Maria Picco

 

 

 

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