Vite immaginarie

Pubblicato il 17-06-2024

di Fabrizio Floris

Se scrivo ciò che sento è perché così facendo «abbasso la febbre di sentire» scriveva Pessoa. Quello che sento e immagino. Da bambini prevale il secondo aspetto. Inventiamo storie di cui siamo i protagonisti, fabbrichiamo realtà, costruiamo discorsi con persone reali e immaginate. Parole con cui affrontare i più «pericolosi tipi di zona» quelli col coltello in tasca e sguardo deciso capace di farli scappare. La ragazza a cui affidare il nostro amore che risuona come AOM in un eterno sì. E poi interrogazioni che riuscivamo a saltare, bocciature da evitare e vacanze senza compiti. Commiserandoci, e sentendoci commiserare, ci sembrava di essere amati. Avevamo tutto quello che ci serviva e auto di lusso fatte solo per attirare gli sguardi. Poi arrivava una ragazza con cui trascorrere per sempre i nostri anni anche se non era perfetta immaginavamo che tutto sarebbe andato bene, che l’amore poteva cambiare le persone, salvarle e persino redimerle.

Eravamo talmente immersi nell’immaginazione che a un certo punto abbiamo iniziato a credere alle immaginazioni degli altri. Abbiamo creduto quando ci hanno detto «sei speciale», quando ci hanno detto «ti voglio bene», quando ci hanno detto «ti amo», abbiamo creduto quando ci hanno detto che c’erano posti lavoro», che saremmo stati là fino alla pensione, che la «Grande Fabbrica non avrebbe mai chiuso».

Abbiamo costruito fedi e speranze e così ci siamo nutriti di croste che abbiamo chiamato dolci, tristezze e dolori che abbiamo chiamato benessere interiore, desolazione e solitudine sono diventate coraggio. Siamo vecchi e ci immaginiamo giovani. Siamo soli e fantastichiamo di essere importanti per qualcuno. Siamo in guerra e crediamo nella pace. Con la cassaintegrazione prima e poi il licenziamento, siamo arrivati non solo a perdere il lavoro, ma a essere licenziati dalla vita. Siamo diventati l’ombra di noi stessi. Sempre in affanno, in disordine, in fuorigioco, in debito di ossigeno, di amicizie, lontani da ogni porto sicuro, sperduti anche a noi stessi. La solitudine ci ha fatto perdere fiducia nel mondo, ma non dobbiamo sprecare il nostro dolore. Per quanto assurda e complessa ti sembri, Mirafiori è perfetta. E anche se ti credi rivoluzionario, quando cadi ti aspetta: quando chiedi di essere seppellito in piedi perché sei stato in ginocchio tutta la vita, come una madre ti tiene in piedi e a testa alta puoi camminare.
 

Fabrizio Floris
NP-maggio-2024

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