Vodun e tratta delle donne

Pubblicato il 31-08-2009

di Claudio Maria Picco


Gabin Djimasse, ricercatore del Benin in Italia per un ciclo di conferenze, storico delle tradizioni, responsabile di un centro di ricerca sul “Vodun” (è la grafia utilizzata da Djimasse; lo stesso fenomeno viene indicato con molte varianti, tra cui, in Italia, “vudù” oppure “woodoo”), spiega la situazione delle giovani prostitute africane minacciate e assoggettate attraverso rituali Vodun.

a cura di Claudio Maria Picco


La tratta delle giovani donne africane destinate alla prostituzione è un’attività fiorente in Italia. Ci parli di questo fenomeno dal suo punto di vista.
È un fenomeno molto grave, perché le giovani implicate in questa tratta sono in generale delle adolescenti fra i 14 e i 17 anni, una fascia d’età cui appartengono giovani innocenti, ingenue e ignoranti che si trovano ad affrontare la miseria del loro Paese, soprattutto della Nigeria. Queste giovani ragazze pensano che sia sufficiente venire in Europa per fare fortuna, perché seguono i venditori di illusioni che dicono loro che l’Europa è il paradiso, l’eldorado, che gli europei non lavorano e vivono come se ci fossero alberi che producono soldi e biglietti di banca. I venditori di illusioni, che non sono altro che criminali, abusano di questa ingenuità per far loro credere che una volta arrivate in Europa saranno ricche e di conseguenza anche i loro genitori al Paese saranno ricchi.
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La tratta è un’attività molto fiorente e fa parte di una rete di criminalità che gestisce prostituzione, droga, commercio di organi. Attraverso queste giovani si vede una piccolissima parte dell’iceberg. È, dunque, un fenomeno molto pericoloso, inumano, di cui tutti devono prendere coscienza.

Le donne vittima della tratta vengono sottoposte a riti vodun attraverso i quali gli sfruttatori possono controllarle. Di cosa si tratta?
Questo problema mi tocca particolarmente in rapporto al fenomeno della tratta: l’utilizzazione dell’influenza del Vodun attraverso lo “Joujou”, che è un certo tipo di pratica del Vodun. L’associazione Tampep Onlus mi ha invitato a Torino per spiegare un po’ la situazione ed aiutare queste giovani a capire che tutto quello che viene detto loro non può accadere, che possono liberarsi dal condizionamento cui sono sottoposte, a cominciare dal Vodun e dal Joujou.
In Africa il Vodun è una religione vera e propria come le altre, e, come tutte le religioni, ha lati buoni e lati cattivi.

Sovente paragono le pratiche che permettono il dominio sulla natura (attraverso le virtù che la natura mette a disposizione di noi uomini) ai prodotti farmaceutici che utilizziamo. Tutti i prodotti farmaceutici sono soprattutto dei veleni, quindi bisogna saperli utilizzare; se tu non rispetti la posologia, le medicine invece di guarirti ti uccidono. Nello stesso modo ci sono molti elementi nel Vodun che, utilizzati altrimenti, invece di proteggere ti danneggiano. È l’aspetto che i malviventi impiegano per abusare di queste giovani con la prostituzione clandestina.

Di fatto il Vodun è ancora molto potente in Africa e soprattutto nell’Africa occidentale, in Nigeria, dove c’è ancora una grande facilità a disporre degli elementi necessari ai riti Vodun come le foreste, gli organi umani; si praticano profanazioni, ed è possibile avere persino del sangue umano.
Le popolazioni vivono sotto la psicosi del Vodun e a maggior ragione le ragazze innocenti hanno paura, perché sanno che in questo ambiente non si perdona: se non fate quello che vi dicono, vi aspetta solo la morte. Non tutto quello che vien detto loro è realmente possibile, ma dal momento in cui vivono in un ambiente influenzato da questa atmosfera, non riflettono.

Il modo migliore per sottrarle a questa situazione è metterle in contatto con gente come noi, perché non si può andare contro queste pratiche senza opporvisi con le stesse pratiche. Infatti possiamo convincere la gente e portarla alla pratica corretta; a partire da quel momento gli antidoti esistono e lo dimostra il fatto che, anche se è stato fatto questo o quel rituale, non succede niente.
È il solo modo di convincerle a collaborare con le strutture che vogliono farle uscire dalla loro miseria e restituirle alla loro dignità umana.

whaiti.jpg I genitori e i parenti di queste giovani vengono anch’essi minacciati; cosa si può fare per aiutarli?
È un po’ difficile ed è un lavoro di lungo periodo. È una lotta senza quartiere; non bisogna stancarsi di combatterla perché i genitori, che sono al Paese e che sono con le spalle al muro, non hanno altre soluzioni che sentirsi obbligati ad accettare di perdere i loro figli, ben sapendo che altri sono partiti e non sono tornati.
A volte ricevono notizie sulle loro figlie, ma cosa possono fare? Loro sono in contatto diretto con i responsabili della rete che gestisce le figlie e che li minaccia. Non è una minaccia a distanza, e non sono solo minacce attraverso pratiche vodun; possono essere aggrediti, anche di notte, possono trovare le loro case bruciate; i genitori che sono al Paese sono ancora più esposti.

Il modo migliore di aiutarli è quello di sostenere i giovani rimasti mentre sono ancora nel loro Paese. Per esempio, un ragazzo che ha imparato un mestiere e che avvia un’attività con un minimo di attrezzatura, è sicuro che riuscirà a guadagnarsi da sopravvivere. Se non vuole di più e non si fa illusioni, se non sogna di diventare ricco, il problema non si pone; i ragazzi possono stare bene, possono stare a casa loro e mettere a frutto le proprie energie.
Ciò vale per uomini fisicamente validi, ma anche per persone handicappate, perché si arriva ad inserire anche loro nella società e ad insegnar loro un mestiere. Perché allora non è possibile anche per le ragazze che godono di buona salute e non sono ripudiate?
Perché non possono sistemarsi sul posto? Pensano che in Europa sia facile, invece è più difficile e più complicato.

Ci sono organizzazioni che si battono in questo settore e che non devono stancarsi di scuotere i pubblici poteri. In Nigeria il problema più grande è il rispetto dell’autorità, che praticamente non esiste più. Quelli che sono incaricati della sicurezza della popolazione, i rappresentanti dello Stato, sono spesso invischiati in pratiche illegali di questo genere. Più il Paese è grande e più è difficile da gestire; e la Nigeria non solo ha un grande territorio, ma ha anche un grande tasso di fecondità: mediamente ogni donna ha 5 figli. Tenuto conto di questa prolificità, è difficile gestire la prole.
In Nigeria lo Stato ha un grande sforzo da fare in questo settore.

a cura di Claudio Maria Picco
da Nuovo Progetto gennaio 2008



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