Zimbabwe: fino a quando ?

Pubblicato il 31-08-2009

di Gianni Giletti


Le responsabilità del regime di Mugabe sono enormi nell’attuale disastro ma altrettanto gravi sono i silenzi e l’indifferenza della coscienza occidentale

Anna Maffei


«Mio padre che ha 83 anni è sotto minaccia di morte
per aver sostenuto apertamente e votato il partito di opposizione. Già nelle scorse settimane eravamo stati costretti a portargli da mangiare perché non gli vendevano più il cibo. Ora l’abbiamo portato via dal villaggio perché le minacce sono gravissime. Ma non tutti hanno, come mio padre, qualcuno a cui rivolgersi.
Il governo ha scatenato un’ondata di violenza contro gli oppositori. Molta gente è stata uccisa. Molti nel villaggio di mio padre sono stati costretti a dichiarare per chi hanno votato e ai sostenitori del partito di opposizione è stato detto che quando ci sarà il ballottaggio devono dire che non sanno scrivere, così gli scrutatori possono votare al posto loro. Mugabe non si fermerà davanti a nulla pur di restare al potere. Bande della sua milizia giovanile girano di notte accompagnati da veterani di guerra e supporter del partito Zanu-Pf. Mugabe accusa dei suoi fallimenti tutti tranne se stesso e sembra che abbia intenzione di affondare insieme al paese».

Questa la drammatica testimonianza di una persona, che ha chiesto di rimanere anonima, con cui siamo giornalmente in contatto per capire che cosa sta succedendo in queste settimane, giorni, ore nello Zimbabwe, all’indomani delle elezioni parlamentari e presidenziali che il 29 marzo dovevano consegnare il paese nella mani del partito all’opposizione, lo Mdc (Movimento per il cambiamento democratico), ma i cui risultati sono stati contestati dal regime di Robert Mugabe e resi pubblici solo qualche giorno fa.

Mugabe dovrebbe annunciare da un momento all’altro la data del ballottaggio fra lui e Morgan Tsvangirai, il sindacalista leader dello Mdc, che al primo turno, anche dopo il nuovo controverso conteggio delle schede, avrebbe ottenuto il 47, 9% dei voti (contro il 43, 2% di Mugabe). Ma nel frattempo, particolarmente nelle aeree rurali ma non solo, gli oppositori stanno vivendo in un’atmosfera di grave intimidazione, in qualche caso di vero e proprio terrore.

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L’agenzia Human Rights Watch,
la più grande organizzazione internazionale per i diritti umani, ha denunciato l’esistenza di «campi di tortura» in alcune aree del paese dove il partito Zanu-Pf al potere concentra gli oppositori, li «punisce» e li minaccia. Il 25 aprile ha avuto luogo un violento raid nel quartier generale del partito di opposizione a Harare, da dove sono stati prelevate e deportate in luoghi sconosciuti un numero imprecisato di persone, fra cui donne e bambini, che lì si erano rifugiate a seguito di violenze subite nelle zone rurali.

L’Unione cristiana evangelica battista d’Italia nella sua Assemblea generale del 2006 ha stabilito una relazione stabile con la Convenzione battista dello Zimbabwe (Bcz) fondata sulla fraternità, la collaborazione, l’aiuto reciproco. Da allora i legami si sono sviluppati in vari modi: dal sostegno a un ospedale e ad alcuni ambulatori rurali gestiti dalla Bcz, all’invio di aiuti alle famiglie dei pastori, alle vedove, agli emeriti e allo staff della convenzione, all’avvio di un progetto di adozione a distanza di orfani zimbabwani, alla visita di alcune delegazioni di volontari italiani nello Zimbabwe.

La partnership è pensata anche come un dare e ricevere e molti ricorderanno che il presidente del Seminario battista di Gweru, il dr. Henry Mugabe, ha portato un suo qualificato e apprezzato contributo al convegno internazionale su M. L. King del novembre scorso. Tanto altro è in programma per il futuro. Dunque le notizie che ci giungono in questi giorni (poche) dai quotidiani nazionali, dalle agenzie umanitarie internazionali e soprattutto direttamente dai nostri fratelli e sorelle che vivono nel martoriato paese, ci colpiscono particolarmente. Sentiamo la responsabilità di pregare incessantemente e sentiamo la necessità di far sapere a tutti cosa sta accadendo nello Zimbabwe in queste ore. Vorremmo far sentire forte la voce dei tanti che non hanno alcun potere, ma coraggiosamente resistono alla violenza e alle minacce sperando che possa servire a cambiare qualcosa.

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È una crisi politica gravissima
che ha tutte le caratteristiche di un colpo di Stato in atto e che può sfociare in guerra civile. Tutto questo perché l’attuale grave instabilità politica si inquadra in un contesto economico devastato da un’inflazione che non è neppure più possibile conteggiare (ultime stime: 100. 000%!) in cui la sopravvivenza stessa della popolazione, già falcidiata dalla pandemia dell’Aids e stremata da una disoccupazione oltre l’80%, è in crescente pericolo. Anche un recente accorato appello di Desmond Tutu all’Unione africana a intervenire subito nello Zimbabwe, con il sostegno Onu, per verificare se ci sono gli estremi di un intervento internazionale a protezione della popolazione e per una più equa distribuzione degli aiuti alimentari, ci indica una situazione molto vicina alla catastrofe umanitaria.

Che cosa si aspetta? Perché tanta indifferenza? Perché la televisione, se pur con qualche eccezione (Tg24) tace su questa situazione gravissima? Perché l’Africa non interessa a nessuno? Ma non dovrebbe la democrazia stare a cuore a tutto l’occidente? O è solo ipocrisia?

Un amico zimbabwano ci ha detto: «In questo momento siamo in attesa che la commissione elettorale annunci il giorno delle nuove elezioni. L’opposizione minaccia di boicottare il ballottaggio a meno che non ci sia la garanzia che le elezioni possano svolgersi in un’atmosfera di libertà e imparzialità. Il problema è che se Tsvangarai boicotta le urne, Mugabe semplicemente si dichiarerà vincitore. Forse invece quello che l’opposizione dovrebbe fare è partecipare alle elezioni e dimostrare che Mugabe non vince. Lui è ormai diventato il simbolo di tutto ciò che va male in questo paese». Questa ultima frase è amara.

Forse non è vero che Robert Mugabe è interamente responsabile del disastro zimbabwano. Forse ci sono altri che hanno anche maggiori responsabilità di Mugabe per come le cose sono andate in questi anni. Forse Mugabe ha fatto tanti errori e l’ultimo, il più eclatante, lo sta facendo ora, spargendo violenza per paura che la perdita di potere possa significare per lui ben più di una normale alternanza democratica alla guida di un governo. Ma neanche l’occidente ha la coscienza immacolata verso questo paese depredato, ferito a morte e abbandonato a se stesso. Forse, per amor di giustizia come atto parzialmente riparatore, se vuole, se non volta la faccia dall’altra parte, può ancora fare qualcosa. Può salvare molte vite. Ma vuole?

 

Dal settimanale Riforma

 

Link utili: www.riforma.it    www.ucebi.it

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