Ripartiamo dal NOI
Pubblicato il 31-08-2009
Perché, anche quando ne siamo coscienti, spesso non riusciamo a far fronte a questo senso di precarietà? Forse perché ci ritroviamo da soli ad affrontare questo fenomeno. Quando perdo o cambio lavoro, quando perdo un affetto, quando mi sento sradicato rispetto al contesto, mi sento ancora più precario ed instabile se mi sento solo. E se sono solo, ho più paura, percepisco di più la mia vulnerabilità e fragilità, fatico a cogliere la logica più profonda delle cose, l’eternità di cui sono parte, e mi ripiego, mi rifugio nell’unico punto fermo rimasto: me stesso. Abbiamo il dovere di amare noi stessi e di prenderci cura della nostra vita, ma non siamo forse chiamati ad amare il nostro prossimo così come amiamo noi stessi e quindi a riflettere l’amore che nutriamo per noi verso gli altri, in un binomio inscindibile tra l’io e il tu?
Tante persone, però, vivono sole pur stando insieme. |
Purtroppo il pensiero unico dominante sembra lanciare un messaggio culturale molto diverso: ciascuno persegua i propri obiettivi puramente personali in una corsa vorace al successo e all’arricchimento, consumi per sé a più non posso, trascorra il proprio tempo e usi i propri soldi per migliorare il proprio corpo, la propria casa, le proprie vacanze… Assistiamo insomma all’ipertrofica crescita dell’IO, del MIO, del QUI, dell’ORA, a discapito del NOI, del NOSTRO, del LÀ, del POI. Siamo considerati individui prima che persone, atomi in una società che è gruppo prima di essere comunità. Preferiamo che i nostri figli diventino campioni di calcio o musicisti prodigio piuttosto che imparino l’abc della socializzazione nei gruppi parrocchiali e agli scouts. Investiamo migliaia di euro per visitare i santuari del turismo e poi magari non sappiamo il nome del nostro vicino di casa. Usciamo anche per anni con una persona, ma non siamo pronti a erodere la nostra libertà personale per farla entrare in modo definitivo nella nostra vita. Una somma di individui non produce una comunità. Tanti io non fanno il noi. | ![]() |
Proviamo a ripartire dal noi, a combattere la precarietà, ma insieme. La storia che ci precede è caratterizzata da una gloriosa costellazione di conquiste sociali che sono culminate nel riconoscimento, addirittura universale, dei diritti individuali. Il tempo presente forse ci spinge a non indietreggiare in questo percorso, ma a rafforzarlo e consolidarlo con riflessioni e, perché no?, norme che proteggano il noi oltre all’io. Abbiamo più che mai bisogno di solidarietà, di recuperare rapporti fraterni, per non sentirci persi e disorientati, per sentirci parte di una storia, di una comunità, di un’eternità. Abbiamo bisogno di dire Padre nostro, Padre di tutti, mio e tuo e nostro. Abbiamo bisogno di scegliere liberamente di stare insieme, nonostante i limiti, le differenze, i naturali conflitti. |
Ricostruiamo il noi, riscopriamo l’appartenenza a una famiglia umana allargata, che oltrepassa le relazioni sociali ristrette, facciamo entrare gli altri nella nostra vita, sentiamoci responsabili degli altri. Gli altri ci mettono in discussione, danno fastidio, a volte sono insopportabili, ma sono anche la strada più veloce verso la santità e verso il compimento più integrale e maturo dell’io. Facciamoci gli affari degli altri, interessiamoci a ciò che ci accade intorno e allora tutti ci sentiremo un po’ meno precari. Perché, come diceva un antico proverbio russo, “non il contadino da solo va in cielo, ma l’intero villaggio”. |
di Monica Canalis |
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