Stato e religioni: reciproco riconoscimento
Pubblicato il 31-08-2009
In un’epoca caratterizzata dai fondamentalismi, e dalla negazione delle libertà religiose è urgente capire, farsi un’idea. Alcune riflessioni a partire dall’articolo 8 della Costituzione…
[ bilancio articolo 8 ] [ modello francese, laicità ]
Abbiamo chiesto ad Ermis Segatti - Docente di Storia del cristianesimo presso la Facoltà Teologica di Torino – alcune riflessioni proprio a partire dall’articolo della Costituzione che stabilisce la libertà per tutte le confessioni religiose. Vi proponiamo la versione integrale dell’intervista (pubblicata su Nuovo Progetto - gennaio 2005).
Sono trascorsi 58 anni dalla promulgazione della Costituzione Italiana e la situazione religiosa del nostro Paese è molto cambiata. Possiamo fare un bilancio? |
| Il diritto alla libertà religiosa garantito dalla nostra Costituzione è esportabile in altri Paesi, per esempio in Cina e negli stati musulmani? Probabilmente è questa l’unica ipotesi attuale, recepita anche nella carta dell’ONU, per far convivere, in condizioni di pari dignità, visioni del mondo sia civili (politiche), sia religiose (spirituali, filosofiche ecc.), senza farle scontrare o metterle in una condizione di privilegio, né rispetto allo Stato né l’una rispetto all’altra. Questa multipla parità sembra essere l’ipotesi migliore per affrontare un mondo che è plurimo, non omogeneizzabile, e che ha tendenze molto forti a concepire la verità di ognuno in termini di privilegio ed esclusivismo. |
Per realizzare questo tipo di ipotesi non basta però lanciare volantini dall’aereo o, peggio ancora, bombe. Dovrebbe esserci una progettualità che favorisca il graduale affermarsi di questo tipo di mentalità. Occorre preparare il terreno, in modo che le persone si abituino gradualmente a vivere in condizione non protetta la loro convinzione religiosa, a sentirsi sufficientemente considerati e rispettati con il cadere di questa protezione. Ciò non è semplice. Allo stato attuale, ritengo che questo sia l’orizzonte utopico più dignitoso per tutte le fedi: nessuno si pone in una posizione superiore e concede, ma tutti sono in una posizione paritetica di riconoscimento. Non è lo Stato che concede, non è la religione che ammette, ma lo Stato e le religioni si pongono in una posizione equidistante. |
Alcuni esempi? Il primo riguarda la società cinese e la vietnamita, che hanno sì concesso una certa libertà alle chiese e alle varie confessioni, ma non hanno concesso libertà di idee; quindi perché le chiese sì e non le opinioni politiche diverse? Qui lo Stato si pone in una condizione di totale controllo, come l’entità superiore rispetto a cui le altre devono ricevere per concessione ciò che lo Stato dà. Come si diceva nel ‘700, contro l’assolutismo, non possiamo accettare che i diritti dell’uomo vengano concessi, i diritti devono essere ri-conosciuti. Semmai lo Stato può compiere un lavoro di educazione, di formazione, ma non porsi come elargitore dall’alto. Il secondo esempio concerne alcuni Stati islamici, magari neanche tanto integralisti, ma che danno per scontato che lo Stato deve avere la configurazione islamica. Qui si pone un problema più delicato, perché l’islam ha una concezione della sfera spirituale e religiosa dell’uomo che in qualche misura si esprime attraverso la regolamentazione dell’intera vita sociale. A volte sono ammesse espressioni di pluralismo e di tolleranza, ma sempre a partire di nuovo dalla concessione, o meglio dall’idea diffusa della tutela che lo Stato islamico esercita su tutta la società. C’è da augurarsi che in futuro i cristiani o altri negli Stati islamici possano finalmente fare a meno della tutela di chicchessia, perché la tutela finisce sempre per essere discriminante e la discriminazione presuppone sempre un giudizio di non uguaglianza nella dignità religiosa e spirituale. Questo, se nel breve periodo sembra esaltare, agli occhi di chi la possiede, la superiorità della propria fede, nei tempi lunghi sottolinea la debolezza di quella fede, che ha bisogno di avere una condizione privilegiata per affermare la sua verità, quindi si appoggia a fattori esterni. È il travaglio che appunto era stato percorso nella società occidentale: la Chiesa cattolica ha sofferto molto per riuscire ad incamerare positivamente un trapasso “da, a”. continua >> |