Arrivederci

Pubblicato il 03-11-2022

di Alberto Brigato

Eravamo nei giorni di Pasqua, in attesa della Pentecoste. Anche qui in Brasile i Vangeli erano tutti incentrati sui giorni più importanti della storia dell’uomo. Qui la liturgia della messa e degli altri incontri religiosi è molto cantata e, sorprendentemente per noi, è anche molto partecipata: cantano tutto, cantano tutti e cantano di cuore. È un’espressione molto viva e concreta della propria fede, animata con canti, battimano, levata di braccia in segno di lode, tutto il corpo canta, prega e partecipa con il pathos adeguato al Vangelo appena letto.

Preso da questo trasporto musicale, stavo canticchiando una cosa e ho avuto un’ispirazione. Chi mi conosce sa che ne ho tante (forse troppe) e che mi piace anche andarle dietro, vedere se può avere gambe, parlare in modo concreto e tangibile alla mia vita, o restare un altro di quei pensieri lievi e vagamente romanticizzati che colorano le nostre giornate.

Accompagnavo Caterina Caselli nel suo famoso Arrivederci amore, ciao e alla frase “si muore un po’ per poter vivere” mi sono fermato. Ora, lungi da me il voler passare per blasfemo o banalizzare la Storia Sacra, ma dopo Jesus Christ Super Star... sarebbe così impensabile far cantare qualcosa del genere anche alla Caselli? (chiedo scusa a Andrew Lloyd Webber in anticipo!). Dunque.

Si muore un po’ per poter vivere (e vivere veramente): la resurrezione spiegata in sette parole. La morte, la discesa agli inferi e il ritorno alla Vita, ma non una vita qualsiasi o quella di prima, una vita nuova, una Vita Risorta, piena. Dopo la resurrezione si vive veramente, e non una volta per tutte, si può sperimentare tutti i giorni, morire un po’ a noi stessi, nelle discussioni, in famiglia, al lavoro, per poi vivere di nuovo, in un altro modo. Si muore un po’. Non tutti, la resurrezione non cancella la passione e la morte, i segni dei chiodi rimangono sempre, ognuno di noi si porta dietro e dentro le crocifissioni ricevute e quelle date, non perdiamo mai la nostra umanità, anzi è proprio quella che deve risorgere a Vita nuova, altrimenti resta la vita vecchia, vestita da colomba pasquale.

Quella persona non sei tu, quella persona non sei più: ça va sans dire, qui è la Maddalena che parla, appena si gira e vede Gesù, pensando sia il giardiniere, coglie le similitudini di quell’uomo, ma è cambiato, è Risorto, non è più l’uomo morto sulla Croce, ma è ancora l’Amato, non più l’Atteso, ma il Presente nelle nostre vite, oggi. Non deve essere stato facile riconoscerlo, a volte abbiamo negli occhi l’immagine che noi vogliamo dare all’altro, che noi desideriamo per l’altro o che negli anni ci siamo abituati a vedere... quante piccole resurrezioni nella nostra vita e in quella degli altri avvengono nel silenzio, senza suono di tromba e che aspettano di essere riconosciute.

Finisce qua, chi se ne va che male fa: poveri discepoli, chiusi in casa, per paura di essere messi in Croce anche loro; si canticchiano questo ritornello. È interessante che nel testo originale non ci sia la punteggiatura, né un punto di domanda, né un punto esclamativo. Forse l’incipit lo dà solo chi canta, e spesso l’uno non esclude l’altro, nel tempo!

Arrivederci, amore, ciao: è sempre difficile far parlare Maria, specialmente in un’occasione tanto difficile come la passione, ma questo “arrivederci” rimane significativo. Non è un addio, non è tutto finito, non chiude la storia, ma confida in un prossimo incontro, sa di rivederlo, in cuor suo confida in una relazione con il Figlio, che non ha la parola fine. Arrivederci, un delicato saluto che contiene l’invito a tornare presto, un saluto che solo una Madre sa dare.

Insieme a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù: è quello che hanno pensato i discepoli durante l’ascensione, con gli occhi fissi a guardare le nuvole, rincuorati nel sapere che non saranno più soli, hanno recuperato la loro sicurezza, il desiderio e la forza di parlare liberamente di ciò che hanno vissuto. Non è un addio, un tornare a pescare come facevano tre anni fa, anche se ci hanno provato, la vecchia vita è finita, la resurrezione ha solo un cammino possibile, in avanti. Con tempi diversi, con passi diversi e sicuramente con qualche fermata, come pellegrini che guardano il meteo prima di muoversi. È quindi commovente e molto umano pensarli col naso all'insù, rincorrendo l’ultima nuvola, perdendo di proposito un po’ di tempo, ritardando il più possibile la partenza, il dover pronunciare quell’ultimo, bellissimo “Arrivederci”.

Alberto Brigato
NP Giugno Luglio 2022

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