La porta stretta

Pubblicato il 29-08-2022

di Alberto Brigato

Nel cammino della quaresima, anche quest’anno ci viene incontro il vangelo della porta stretta e il primo pensiero che mi viene, le prime domande sono sempre: «Ma perché? Ma non ci hai amato fino all’ultimo? Così come siamo? Peccatori. Forse un po’ abbondanti, dalle forme arrotondate, ma comunque tuoi figli?  Perché ci metti davanti a una porta stretta, anzi strettissima? Ci proponi una via angusta e povera, a volte pure un po’ triste?».

Forse questo Vangelo è da leggere con uno sguardo più ampio del semplice “lasciare” qualcosa della nostra vita, lasciarsi spogliare per cercare di passare a tutti i costi. Proviamo a darci invece delle regole, dei suggerimenti per facilitare il passaggio che alla fine è proprio la nostra Pasqua!

Primo, dalla porta stretta non si passa se abbiamo qualcosa in mano, che sia la mia trave, la trave del vicino o la pagliuzza di un altro, magari tenuta apposta per fargliela poi ricordare al momento opportuno.

Secondo, da questa porta non riesco fisicamente a passare se non da solo, guardando diritto verso la meta, senza volgere lo sguardo a destra o a sinistra per cercare gli altri o le loro travi.

Terzo, ci passo se ho le mani giunte, in preghiera, o al massimo tese in avanti al prossimo, perché additando gli altri – ça va sans dire – non si passa!

Pensando a questa porta e alla nostra vita di fraternità, mi viene in mente più un corridoio, una specie di autolavaggio con i rulli, i soffioni e tutto il resto. Un corridoio molto stretto con i fratelli su ambo i lati, un corridoio da cui dobbiamo passare, quotidianamente. Ci sarà il fratello che ti lava, con il sudore di un lavoro condiviso o con le sue lacrime; quello che ti spazzola, che sembra cartavetro, che ti porta via anche la prima pelle; quello che sbuffa e soffia sempre, proprio come i phon degli autolavaggi, quello che verso la fine arriva solo per dare la cera. Forse serve a poco, ma è tanto carino… e luccica un po’!

Un’ultima cosa, alla porta stretta dobbiamo arrivare potati dalle nostre punte, per poterla attraversare senza spezzarci i rami; per portare poi frutto al momento opportuno. Io sono la Porta, Io sono la Via. Non dobbiamo preoccuparci, alla porta stretta ci si arriva solo camminando sulla via giusta, accogliendo ciò che la vita ci mette davanti, scendendo dal cavallo mentre andiamo a Gerico e, a volte, indurendo il viso verso la nostra Gerusalemme. Certi che davanti a quella Porta avremo la chiave giusta per poter passare, che probabilmente è la carità fra noi. Gli Arsenali, di porte ne hanno parecchie, aperte sul mondo, aperte 24 ore al giorno tutti i giorni dell’anno, la nostra in Brasile è forse quella più varcata, ogni giorno 2.400 piedi calcano la soglia di quella porta, così come sono: i più fortunati, dentro le scarpe di una lunga giornata, molti con una semplice infradito, alcuni nudi, forse già pronti per la lavanda di giovedì santo.

È una porta grande, quella della carità e quella dell’Arsenale della Speranza, che ti accoglie così come sei, con il tesserino, la foto, il tuo nome e, se è il tuo compleanno, ti canta anche tanti auguri! Entri, per un attimo di riposo, un pasto caldo, un letto pulito.

Entri per cambiare vita, se lo vuoi. Varchi quella porta ogni giorno per uscire, ri-uscire ad affrontare il giorno che hai davanti. Un passaggio, una Pasqua che ci chiede di uscire dal nostro sepolcro, ma da risorti. È una porta che vale la pena di varcare, fosse anche solo per conoscere cosa c'è al di là.

Alberto Brigato

NP Aprile 2022

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