Dire pace

Pubblicato il 01-08-2023

di Corrado Avagnina

Forse non ce ne accorgiamo neanche più, ma ci stanno venendo meno le parole “altre” rispetto al linguaggio bellico. Ci sfumano i termini per dire compiutamente ed efficacemente la “pace”. Questa distorsione che mette un po’ i brividi è stata avvertita con forza e acutezza da papa Francesco che, per la “Giornata mondiale delle comunicazioni sociali” a maggio, ha richiamato l’attenzione sull’urgenza di «disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace». Un’allerta che si inserisce nel suggerimento agli uomini e alle donne dei media perché scommettano su una dimensione positivamente spiazzante, quella che spinge a «parlare col cuore e al cuore delle persone», perché solo così si può dare una mano concreta a una «cultura di pace», «aprendo sentieri di dialogo e di riconciliazione laddove imperversano l’odio e l’inimicizia».

Infatti, ci si è ritrovati in Europa, cioè pressoché dietro l’angolo di casa, quasi d’improvviso a fare i conti con il conflitto cruento scatenato dall’invasore russo in terra ucraina. E si sono rimessi in circolo, quasi esclu-sivamente, i racconti inesorabili delle strategie, delle tattiche, delle opzioni militari. Come se gli armamenti, le immagini di macerie, distruzioni, scempi fossero l’unico scenario da porre in pagina. Indubbiamente, dal punto di vista realistico, le bombe, i missili, gli allarmi, le offensive, le incursioni sono una tragedia, da non sottovalutare e pure da descrivere e “coprire” mediaticamente. Ma occorre anche essere avvertiti a non cedere al rischio di assuefarsi alla porzione quotidiana di racconti e immagini dai fronti. Certo, bisogna narrare la guerra, senza scampo. Non la si deve nascondere né minimizzare. Ma, colta nella sua terribile drammaticità, la guerra non deve restare l’ultima parola. Da questi scenari di morte e disastro deve salire forte la ricerca e la possibilità dell’alternativa che ha un nome solo, impegnativo, ma da rilanciare con forza, che è quello della pace. Dando spazio e risalto a chi porta in Ucraina aiuti alimentari, sanitari, sociali, privilegiando le persone in difficoltà, cercando di asciugare le lacrime di un’umanità provata. Così come vanno coltivati gli sguardi ragionati che riscrivono le dinamiche tra i popoli, in chiave di pace innanzitutto. Come ci ricorda il Papa: «Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza […] Ecco perché va promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli».


Corrado Avagnina
NP maggio 2023

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