La forza del pop

Pubblicato il 15-12-2023

di Renato Bonomo

Quando si dice la forza della musica pop. Il 19 giugno 1989 si svolse il concerto di Michael Jackson a Berlino ovest, vicino al palazzo del Reichstag, sul lato occidentale del muro. Le canzoni erano così travolgenti e il volume talmente alto da spingere i giovani berlinesi dell’est a radunarsi dall’altra parte del muro per ascoltare quella musica che il regime comunista aveva proibito di trasmettere.
La polizia era intervenuta, ma la folla aveva protestato: voleva semplicemente ascoltare quelle canzoni che avevano conosciuto clandestinamente, attraverso i mezzi di comunicazione occidentali. Quella protesta fu la prima di una lunga serie che la popolazione di Berlino est mise in atto e che, nei mesi successivi, portò alla crisi definitiva del regime orientale.

La caduta del muro fu un evento straordinario. Il 9 novembre 1989 rimane uno di quei giorni che ogni tanto avvengono e sembrano avere un potere irriducibile: quello di cancellare in poche ore ciò che era stato costruito in decenni di storia. Era successo in altre occasioni come l’11 settembre 2001, il 25 luglio 1943 con la caduta del fascismo. Lo storico americano del Settecento e dell’Illuminismo, Robert Darnton, ha avuto la fortuna di essere un testimone oculare della caduta del muro di Berlino. Nel suo Diario berlinese 1989-1990, Einaudi, Torino 1992, scrive: «Per chi non conosce Berlino è difficile immaginare fino a che punto il muro sia riuscito a dividere la città. Subito dopo il 1961, anno in cui fu eretto il muro, il milione di residenti nella parte occidentale e i due milioni di quella orientale hanno iniziato a perdere i contatti. Nel 1989 un'intera generazione era ormai cresciuta all'ombra del muro. La gran parte di essa non l’ha mai attraversato, nemmeno quando il passaggio da ovest a est era accessibile. Questa generazione di giovani ha accettato il muro come una realtà della vita, un qualcosa di inevitabile, parte integrante del paesaggio. Era lì quando sono nati, sarebbe stato lì quando sarebbero morti».

Eppure, qualcosa nel frattempo era cambiato e l’abitudine aveva lasciato il posto all’idea che non era più accettabile lasciare le cose come erano sempre state, di generazione in generazione. Quella volta a risvegliare dal torpore fu proprio la musica... Sempre Darnton: «È probabile che non sapremo mai cosa accadde all'interno della fatiscente struttura di potere della Repubblica democratica tedesca.
Ma qualunque possa esserne stato l'elemento scatenante, il vero protagonista dell'abbattimento del muro era lì dinanzi agli occhi di tutti la notte del 9 novembre: il popolo di Berlino est. Esso aveva espugnato il muro allo stesso modo di come aveva invaso le strade nei due mesi precedenti, di null'altro armato che delle sue idee, della sua disciplina, e di quella forza che solo le grandi masse possono sprigionare. Nel loro sciamare a ovest i cittadini di Berlino est parlavano il linguaggio della libertà, un linguaggio fatto di gesti, anziché di altisonante retorica.
Essi si sono appropriati fisicamente del muro: lo hanno scalato, sfondato, demolito».

Solo cinquant’anni prima, le folle di Berlino inneggiavano al nazismo e al rogo dei libri. In molti, vedendo la caduta del muro, prevalse la paura che un’imminente unificazione tedesca potesse far risorgere lo spettro nazionalsocialista, ma lo stesso autore del diario si rese conto che quel timore non aveva fondamento: «La folla ha dimostrato un enorme entusiasmo per l'apertura del muro e, in alcuni casi, per la riunificazione delle due Germanie.
Ma il tono delle manifestazioni riprendeva quello dei movimenti studenteschi della cultura popolare del recente passato, non certo quello di una qualsiasi forma di ancestrale nazionalismo teutonico».
Liberati da molti fantasmi, in quel 9 novembre, i giovani che parteciparono al concerto di Michael Jackson e quelli che dovettero ascoltarlo dall’altra parte del muro poterono finalmente abbracciarsi.

 

Renato Bonomo
NP novembre2023

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