Inaugurata l'Università del Dialogo

Pubblicato il 24-02-2014

di Redazione Sermig


Cerchiamo un dialogo costruttivo, serio e autentico tra religioni e civiltà, capace di superare le difficoltà presenti oggi sulla scena mondiale. Per questa ragione abbiamo fondato l'Università del Dialogo, dedicata a Francesco Saverio Van Thuan e a Giorgio Ceragioli. Il 12 settembre 2004, all'Arsenale di Torino, prima “lezione” del Cardinale Renato Raffaele Martino.

 Carissimi giovani del SERMIG,

sono contento di essere qui con voi a condividere i vostri sogni e le vostre speranze per un mondo di pace e di amore. Il vostro e il nostro amatissimo Ernesto, assecondando il suo carisma di fondatore, ci ha fatto dono dell’Università del Dialogo. Si tratta di una scuola aperta e accogliente alla quale ci si iscrive per imparare materie piuttosto insolite nei programmi scolastici: il dialogo, il rispetto degli altri e la pace.

Chi coltiva solo monologhi, chi vede negli altri dei possibili concorrenti o nemici da cui difendersi, chi non ha fiducia nella ricchezza della comunicazione tra diversi, non è uno studente in grado di affrontare l’Università del Dialogo.

L’Università del Dialogo - che è dedicata al mio amatissimo predecessore, il Card. Francesco Saverio Van Thuan - deve essere l’Università della Pace, perché il dialogo è una condizione essenziale per realizzare la pace. Per risolvere i problemi che invetabilmente sorgono tra le persone e i popoli o si dialoga o ci si scontra. La strada che i cristiani devono scegliere è quella del dialogo. Per questo motivo il dialogo è strettamente unito alla pace.

Nell’Università del Dialogo bisogna insegnare che la pace è innanzitutto un dono e una promessa di Gesù Cristo. Anzi, la pace cristiana è Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo per venire a portarci la “sua” pace (Gv 14,27), ovvero l’incontro con Lui stesso. E’ un dono, in quanto gli uomini devono fare i conti con le loro debolezze. E’ una promessa, perché la pace piena ci sarà data quando i tempi saranno compiuti. Ma per ciò stesso non è una pace astratta, proiettata solo in un futuro molto lontano dalla nostra vita di ogni giorno. E’ una pace storica, che nasce da un dono e da una promessa che travalicano i confini del tempo, ma, poiché il Verbo di Dio si è fatto carne in Gesù di Nazaret, la pace si è fatta quotidianità e appello ad un impegno di tutti, qui e ora.

La pace è speranza, ma è anche azione, scelta, vita, impegno. «La pace - afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica - non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza. È la «tranquillità dell’ordine» (Sant’Agostino, De Civitate Dei, 19,13). È «frutto della giustizia» (cfr. Is 32,17) ed effetto della carità (cfr. Gaudium et Spes, 78)” (CCC 2304).

Nella prospettiva cristiana, l’elemento che deve essere posto maggiormente in risalto è la dimensione interiore della pace e, quindi, la dimensione interiore dell’agire delle persone. Questo è ancor più significativo nell’agire per la pace, poiché la sua sorgente è l’amore: le vere opere della pace sorgono dall’interno dell’uomo, di un uomo capace di amore.

La pace, cari giovani, nasce prima di tutto e soprattutto da un cuore nuovo! Ve lo dice Giovanni Paolo II che nel 1985 affermava: «Se gli attuali sistemi generati dal cuore dell’uomo si rivelano incapaci di assicurare la pace, è il cuore dell’uomo che occorre rinnovare, per rinnovare i sistemi, le istituzioni e i metodi» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1985, n. 1). Un cuore rinnovato e capace di amore ci permette di guardare con occhi nuovi i tanti problemi che affliggono il nostro mondo: problemi legati alla povertà di miliardi di persone, problemi connessi al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, problemi legati alla presenza di innumerevoli conflitti armati soprattutto nel continente africano. Se ci fermiamo a considerare queste situazioni, spesso drammatiche e tragiche, non possiamo non affermare che il mondo ha bisogno di essere profondamente rinnovato.

Quali strade seguire per questo urgente rinnovamento del mondo, per far conoscere al mondo, finalmente, il tempo della pace? Facendo tesoro della dottrina sociale della Chiesa, l’Università del Dialogo ne deve coltivare soprattutto quattro.

Prima di tutto, la strada della giustizia, perché la pace è opera della giustizia (Cf. CA, 5).
In secondo luogo, la strada dello sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo, perché «lo sviluppo è il nuovo nome della pace» (PP, 76-87).

In terzo luogo, la strada della solidarietà, perché anche la solidarietà è il nome nuovo della pace.
In quarto luogo, la strada del rispetto dei diritti umani: il diritto alla vita in tutti gli stadi del suo sviluppo; alla considerazione personale a prescindere da razza, sesso e religione; ai beni materiali necessari alla vita; al lavoro e all’equa ripartizione dei frutti del lavoro; alla cultura, alla libertà, al rispetto della coscienza e alla libertà del rapporto con Dio. Dove si percorre la strada dei diritti umani fiorisce la pace.

Cari giovani, voi state vivendo e godendo il tempo della giovinezza. Questo tempo deve essere un tempo di crescita da vivere preparandovi a diventare uomini e donne di pace. L’Università del Dialogo dovrà essere uno strumento che vi guiderà nella coltivazione di alcuni atteggiamenti spirituali e culturali che sono importantissimi.

- Coltivare il senso dell’universalità come risposta cristiana ai problemi provocati dalla globalizzazione. Tutti vi siamo coinvolti.
- Coltivare la consapevolezza e il senso dell’unità della famiglia umana e del bene comune universale che oltrepassa interessi nazionali e corporativi. L’umanità è la stessa in tutti.

 - Coltivare la pace interiore per giungere alla pace sociale. Questa non può identificarsi nell’assenza di conflitti. Sappiate che la conflittualità si deve prima assumere e poi superare, perché da benigna e fisiologica non si trasformi in aggressività maligna e patologica.
- Coltivare una maggiore consapevolezza dei gravi problemi sociali e politici del nostro mondo, soprattutto delle situazioni di privazione e di povertà.
- Coltivare il senso del rispetto effettivo dei diritti di tutto l’uomo e di tutti i popoli con spirito di dialogo.



L’uomo di pace entra in comunicazione con gli altri, perché educato a vivere con e per gli altri. Abolite in voi la nozione di «straniero». Il concetto di «straniero» - da extra-nos - contiene l’idea del diverso, colui che è al di fuori, e trasmette un sentimento di separazione, di divisione. Dobbiamo imparare a considerare tutti come creature uniche e irripetibili, amate da Dio e a saperci tutti fratelli nel Signore.
- Coltivare un netto e deciso rifiuto della guerra e della violenza come metodi di soluzione dei conflitti: oggi, la guerra, sia convenzionale sia nucleare, appare improponibile.
- Coltivare un profondo amore per Dio che, in Gesù Cristo, si è rivelato come mirabile comunione d’amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. Per diventare uomini e donne di pace bisogna riconoscere che ogni bene, tutto ciò che siamo e facciamo, viene da Dio, è suo dono. Dedicate tempo ed energie, quindi, alla preghiera per la pace.Carissimi giovani, l’Università del Dialogo deve essere un luogo dove fiorisce l’amore cristiano. L’amore postula il dialogo. L’uomo che ama vive e cresce nel dialogo: da quello fondamentale con Dio a quello con gli esseri umani. Il dialogo permette alla persona di condividere la situazione del prossimo e, contemporaneamente, di crescere nella comprensione degli altri e di sé, e di prestare aiuto alle persone che incontra nella vita. Così la diversità, per lo più motivo di antagonismo, può trasformarsi in sorgente di arricchimento e di crescita. L’amore richiede quindi l’accettazione del diverso. In un mondo che sta diventando, ogni giorno di più, multirazziale, questa esigenza dell’amore diventa primaria. In questa maniera l’amore cristiano si apre alla solidarietà..

 

Essere solidali oggi significa prendere coscienza dell’interdipendenza tra gli uomini e tra le Nazioni e trasformare questo fenomeno, finora ambivalente o negativo, in un dato positivo. Significa contrastare le strutture di peccato con forza ed efficacia, cambiando gli atteggiamenti culturali, dai quali – scrive il Santo Padre Giovanni Paolo II - dipendono «i rapporti di ogni uomo con se stesso, col prossimo, con le comunità umane, anche le più lontane, e con la natura» (cfr. Sollicitudo rei socialis n. 38). È questa dunque la solidarietà proposta dalla Chiesa, una solidarietà che diventa «via alla pace e insieme allo sviluppo» (cfr. n. 39).

Cari giovani, ricordatevi che i beni della pace e dello sviluppo si raggiungono con un operoso lavoro di solidarietà, dentro una fitta rete, tessuta caparbiamente ogni giorno, con i fili dell’amicizia, dell’amore e del dialogo. Auguro all’Università del Dialogo di essere un segno di luce e di speranza.

Renato Raffaele Card. Martino
(Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace)
Torino, 12 settembre 2004

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