Europa nella trappola della paura

Pubblicato il 17-06-2016

di Pietro Kuciukian

"C’è un albero per ogni uomo che ha scelto il bene": il Giardino dei giusti del Monte Stella a Milano è uno spazio speciale per i giovani studenti delle scuole di ogni ordine e grado, dai più piccoli ai più grandi che giungono sempre più numerosi a visitarlo, e che io incontro nella cerimonia annuale fin dal lontano 2003. Molti sono i giusti per gli armeni ai quali abbiamo reso onore in questi anni togliendo dall’oblio il primo genocidio del ventesimo secolo, dimenticato e negato sino ad oggi dalla Turchia. È il Giardino dei Giusti di tutto il Mondo.

Cippi di granito e alberi ricordano le scelte coraggiose di chi ha detto “no” al male, di chi ha salvato, soccorso, difeso, le vittime di tutti i genocidi e i totalitarismi, di chi ha testimoniato la verità contro le menzogne del potere e ogni forma di negazionismo. Io armeno e Gabriele Nissim ebreo, abbiamo voluto creare una realtà visibile che raccontasse ai giovani storie esemplari dei giusti che ieri come oggi hanno cercato e cercano di interrompere la catena del male mettendosi dalla parte delle vittime.

Da queste storie si impara a vincere l’indifferenza, a non distogliere lo sguardo da chi è più debole e indifeso, ad assumersi delle responsabilità, cogliendo i segni del male al loro sorgere. Si impara a reagire e a “resistere” con la forza di un pensiero autonomo e libero, con la memoria del bene. È la strada della prevenzione e della pace.

Abbiamo fondato nel 2001 il comitato Gariwo, la foresta dei giusti, di cui Nissim è presidente, universalizzando il concetto di Giusto delle Nazioni dello Yad Vashem. Lo abbiamo esteso a coloro che hanno agito per salvaguardare i valori più alti dell’umanità in tutti i genocidi e totalitarismi,comprendendo anche la nostra contemporaneità che vede risorgere fondamentalismi e guerre. Lavoriamo per una memoria del presente proiettata al futuro.

Il 24 aprile di ogni anno noi armeni ricordiamo con cerimonie religiose e civili, e con quel dialogo silente che ciascuno di noi ha con le persone scomparse, il genocidio del 1915. Un milione e mezzo di morti. Vorremmo dare loro sepoltura, ma ancora sentiamo pressante l’impegno a continuare la battaglia per il riconoscimento della verità di quei tragici eventi, per risanare le piaghe di una memoria negata.

Quest’anno, a pochi giorni dalla giornata dedicata ai nostri martiri, il mio sguardo non può che fissarsi sugli scampati e sui sopravvissuti del grande esodo di profughi che dal Medio Oriente e dall’Africa giungono in Europa, la patria dei diritti umani, in cerca di sopravvivenza. Così è stato per i nostri padri e i nostri nonni sopravvissuti al deserto dell’Anatolia, salvati da persone e istituzioni che non hanno voltato loro le spalle.

Gli armeni hanno vissuto lo sradicamento forzato e la cancellazione delle tracce della loro civiltà millenaria. Così accade e può accadere ad altri popoli oggi.

La condizione dell’esilio è uguale per tutti gli esseri umani. Guardiamo in volto i migranti, non distogliamo lo sguardo, sono “persone”. Come arginare e porre barriere al fiume di violenza che anche oggi si abbatte sulle terre del Medio Oriente e in tanti altri luoghi del mondo? Che cosa possiamo fare noi? Aggrappiamoci con ostinata perseveranza ai segnali di bene, là dove si manifestano. Sta a noi farli nostri, riproporli e diffonderli assieme alla speranza che qualche cosa possa cambiare.

Le azioni dei giusti, il loro coraggio civile, ieri come oggi ci affidano il compito di tenere vivi i valori per i quali hanno combattuto e a volte perso la vita. Le storie esemplari di alcuni giusti turchi, mi impediscono oggi di di riferirmi a un generico popolo turco nemico. Una memoria fissata solo sul male, è un ostacolo al dialogo e alla riconciliazione. Anche noi armeni avremo una vittoria della giustizia quando riusciremo a ricostruire un dialogo tra il popolo delle vittime e quello dei carnefici.

Oggi nell’Europa che ha saputo sconfiggere le dittature, torna la trappola della paura. Facciamo in modo che non abbia il volto dei migranti. Dai muri ideologici, mentali, simbolici, si passa facilmente ai muri reali, ai fili spinati ai quali si aggrappano migliaia di mani in cerca della libertà.

 

di Pietro Kuciukian, Cofondatore di Gariwo, la foresta dei giusti

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