Hai il wifi?

Pubblicato il 01-04-2020

di Arsenale della Piazza


Il doposcuola telefonico dell’Arsenale

Sono in montagna con i miei genitori quando il Governo comunica che le scuole devono prolungare la chiusura delle vacanze di Carnevale. La chiusura poi si protrae per un'altra settimana, così noi dell’equipe ci troviamo a San Giak e approfittiamo della tranquillità per aggiornarci, fare programmazione, preparare materiali, riordinare i libri.

Nel frattempo i registri elettronici iniziano a lievitare: pagine su pagine da studiare; temi da scrivere; tesine da impostare; esercizi di ogni tipo da svolgere. Spuntano almeno due piattaforme diverse per classe, su cui i docenti inseriscono le loro spiegazioni, video, appunti e ovviamente tanti tanti tanti esercizi. È chiaro per tutti che la chiusura non è più una “vacanza”.

Martedì 10 alla riunione di equipe siamo tutti concordi sul nostro dover fare qualcosa per i ragazzi. Il prima possibile. Mercoledì 11 decidiamo di trovarci in Arsenale, accusando il freddo degli spifferi di San Giak, forse però nessuno di noi si trova particolarmente proprio agio in quegli spazi vuoti e silenziosi. Non che le aule della piazza siano rumorose, anzi qui il rimbombo delle pareti grida l’assenza dei bambini.

Alle 14e30 ho appuntamento con Junior. Decidiamo di provare una video-chiamata su whatsapp web. Lui non ha un suo cellulare, così lo chiamo su quello del padre. Proviamo.

Tentativo 1: dal mio computer non funzionano le video-chiamate di whatsapp.
Tentativo 2: prendo il cellulare, lo video-chiamo e cade la linea. Lo rivideo-chiamo e ricade la linea. Lo chiamo senza video ma cade ancora la linea.
Tentativo 3: uso le chiamate normali, quelle in vecchio stile.

“Junior, non prendeva bene… ma per caso non hai il wifi a casa?”
“No”

È mercoledì 11 marzo e inizia ufficialmente il doposcuola telefonico dell’Arsenale.

Io e Junior dobbiamo fare grammatica italiana: lui mi legge le frasi ad alta voce. Io cerco di memorizzarle e poi insieme facciamo l’analisi del periodo. Fortunatamente lui è bravissimo e fila tutto liscio. Alle 16 chiamo Alessandro, questa volta ho imparato la lezione e lo chiamo direttamente sul cellulare. Ci aspettano Ungaretti e cinque poesie. Così mi ritrovo a passeggiare fra i corridoi della prima fabbrica di armamenti della storia italiana, mentre discuto con Ale sul significato di scrivere lettere piene d’amore quando si ha un “compagno/ massacrato/ con la sua bocca/ digrignata/ volta al plenilunio”. Parliamo del sentimento di fraternità provato dai soldati (“Fratelli? / Parola tremante/ nella notte”) e dei cuori di chi sopravvive, i paesi più straziati. E nulla potrebbe essere più ovvio e coerente di così.

Il giorno dopo tocca ad Ahmed, siamo tutti curiosi perché ultimamente non è stato così semplice convincerlo a studiare. Abbiamo appuntamento alle 14e30. Squilla, squilla, squilla. Ma ha il telefono spento. Chiamiamo la mamma e ce lo passa. Pronto? Mi sussurra una vocina tremula e impastata…. stava dormendo! Ma proprio dormendo, dormendo. Nel senso che non aveva ancora fatto colazione né pranzo… alle 14e30. Sul momento a me e a Thais viene da sorridere, ma in fondo una vocina ci ricorda l’importanza e il significato di questo doposcuola telefonico. Con Ahmed è il turno di storia: studiare da pagina centoquarantasei a pagina centocinquantotto. Prendi il libro, Ahmed! Quale libro? Quello di storia. Ma ne ho tanti. Prendi quello giusto.

Questa volta affiniamo ulteriormente la tecnica: mi manda le foto del libro su whatsapp, così posso leggere io per lui e ragionare insieme sul testo, sulle parole chiave e sui significati. Le rivoluzioni inglesi: re Carlo I e Cromwell. Studiamo per un’ora e mezza. Io a metà provo a proporre una pausa e più che mai mi sento solidale con i call center. Ma lui è concentrato e riposatissimo… dopo tre settimane di chiusura della scuola ha finalmente iniziato i compiti e non ne vuole sapere di fare una pausa! Ahmed? Sì, Ahmed. Ci diamo appuntamento il giorno successivo e studiamo per altre due ore di fila, sempre al telefono. Io alla fine sono talmente commossa che decido di preparargli una sorpresa: gli faccio una bella mappa concettuale che potrà usare per il riassunto. Poi apro il registro elettronico. Alla Morelli, la scuola di Ahmed, molte famiglie non possono permettersi di acquistare i libri di testo, così la professoressa ha caricato le dodici pagine di storia da studiare. Argomento…. Il fascismo! Ahmed aveva preso il libro di seconda, anziché di terza. Non ho ancora avuto il coraggio di dirglielo.

Sono trascorse due settimane da quando abbiamo avviato il nostro dopo-scuola telefonico e ormai andiamo super spediti. Thais si districa fra le mille piattaforme, le chiamate esasperate dei docenti (che non hanno notizie da settimane da parte degli studenti), insegna ai ragazzi a inserire il materiale su Edmodo per renderli autonomi e ci stampa il materiale. Betta segue i ragazzi che han bisogno di matematica e in più segue Momo tutti i pomeriggi perché per un mese non ha fatto altro che giocare alla play. Martedì ha mandato i primi problemi alla prof di matematica, che pare fosse felicissima di ricevere un paio di figure geometriche sghembe… pur di ricevere qualcosa! Io seguo i ragazzi per le materie umanistiche; Elena e Marco si occupano delle lingue straniere, mentre Shalini segue i ragazzi delle superiori.

È sempre più evidente come la didattica online non raggiunga i ragazzi dei quartieri più poveri, quelli che non hanno wifi, tablet, pc e nemmeno la password del registro elettronico. Ragazzi i cui genitori sono troppo impegnati a districarsi fra lavori precari, forse in nero, fra le difficoltà linguistiche e abitative. Non hanno le energie e i mezzi per assicurarsi che i figli stiano lavorando in autonomia da casa. Qualcuno dice che il virus sia una livella e che di fronte a lui siamo tutti sullo stesso piano. No, il virus e la didattica online non livellano. Anzi, evidenziano prepotentemente le grosse differenze sociali. Per fortuna ci pensa l’Arsenale a livellare dove può.

 Per qualche giorno sospenderò il servizio per cercare anche io di limitare il più possibile gli spostamenti, i contatti e la possibilità di contagio. So bene quanto la nostra presenza sia fondamentale per i ragazzi in questo momento, ma sono certa che sapranno apprezzare il messaggio, anche in chiave educativa, capendo che siamo tutti chiamati a essere responsabili anche verso l’intera comunità.

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un articolo di Franco Lorenzoni in cui, a proposito di incontri e distanza, scrive: “nella tradizione maya i creatori del mondo sono due, non uno. E nel mito dell’origine i due creatori riescono a dare vita ad alberi, stelle, pesci e animali volanti quando si trovano a pensare la stessa cosa nello stesso istante. Trovo particolarmente bella e profonda questa immagine della creatività originaria come incontro, come relazione, come intreccio di due desideri che risuonano in un’intesa sincronica e sottile”[1].

I miei amici e maestri della scuola Asinitas di Roma hanno citato le parole di Lorenzoni per descrivere la necessità di incontro e relazione fra studenti e maestri, che resiste all’emergenza sanitaria e che, anzi, spinge a cercare “nuovi modi di interazioni didattiche, nonostante nessuna di queste sostituirà la scuola: il provare a ritrovarci, insegnanti e studenti ognuno nella propria casa, a pensare/a creare la stessa cosa nello stesso istante”[2]. Ed è l’incontro fra gli stessi due desideri che permette a me e a Youssef di stare due ore al telefono, scrivendo la tesina di terza media su Whatsapp.

Claudia Canuto

[1]--https://comune-info.net/rompere-le-distanze/?fbclid=IwAR0lzDhv4k7hHusW8yAv_G801nLAuVusNu2BpNIkFvIJMwwCpigBEf_j5zY
[2]--http://www.minimaetmoralia.it/wp/diario-critico-scuola-distanza/

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