Il mondo in casa

Pubblicato il 07-02-2013

di Gianni Giletti

Riassumere 25 anni di un’esperienza folgorante e onnicomprensiva come quella dell’accoglienza che festeggiamo è davvero un’impresa improba. Emotivamente restano flash, volti, situazioni, persone, parole, storie, emozioni, successi e fallimenti, tristezze e gioie. Elementi che si mescolano tutti insieme sotto il folle vorticare del tempo che ne fa briciole e te le appiccica come coriandoli nella memoria, che vacilla a sua volta sotto l’impatto visivo. Istintivamente ti guardi intorno e cerchi i protagonisti di questa saga, i volontari e gli ospiti che ci sono adesso e che a loro modo percepiscono quello che è successo in questi anni da quello che vedono oggi. Un’accoglienza come questa è la cronaca quotidiana di un mondo, quello reale, dove prendono vita davvero tutte le sfumature dell’animo umano, incarnate di volta in volta nella persona che hai davanti.

L’esperienza che il Sermig – Fraternità della Speranza ne ha tratto è, direi, devastante perché ha cambiato tutti i pregiudizi e le opinioni sui poveri che avevamo prima di cominciare. Non dimentichiamo che il Sermig ha lavorato per i primi 20 anni della sua vita in prevalenza con i poveri lontani. Accogliere ci ha permesso di aprire gli occhi, ha cambiato le carte in tavola nella vita di ognuno di noi, spalancando degli spazi impensati, non solo spazi fisici ma soprattutto mentali, facendosi largo dentro quel campo sconosciuto che è l’impossibile. Ci ha aiutato e ci aiuta ancora ad aprire la nostra testa, il nostro cuore e a metterli in sintonia. Ci ha insegnato che è possibile accogliere, se vogliamo, ogni momento della nostra giornata.

Perché i poveri non sono solo quelli che si riconoscono al volo, ma soprattutto quelli inaspettati, molto più vicini a noi di quanto immaginiamo. Ci ha ricordato che anche noi – bene o male – siamo accolti, in ogni momento, in ufficio, in famiglia, a scuola, negli affetti. E ci costringe a fare il confronto, impegnando la propria coscienza. Accogliere ci ha permesso in fondo di fare del bene in primo luogo a noi stessi, perché siamo noi che lo facciamo i primi beneficiari di questo bene. E questo lo percepisco non solo in me, ma nelle centinaia di volontari che spesso ci ringraziano per i turni, le disponibilità e le incombenze che chiediamo loro. È stato infine un lungo viaggio dentro la vita, un viaggio concreto e profondo, dove la spiritualità occupa la parte più importante, anche per chi tra noi volontari sostiene di non credere. Spero davvero che questa Fraternità riesca a custodire e a far fruttare sempre questo tesoro che Dio ci ha regalato.

Gianni Giletti 
Foto: Max Ferrero / SYNC 

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