Un applauso per i poveri

Pubblicato il 14-10-2013

di Gianni Giletti

2 agosto 2013, Arsenale della Pace. Proiezione del video dei 30 anni.

L’emozione che mi ha dato l’applauso al termine della proiezione è stata inaspettata. Mi è sembrato di sentire l’applauso di tutte le persone che, almeno una volta, ci hanno aiutato a costruire uno dei nostri progetti, hanno fatto un turno di accoglienza, hanno pulito una stanza, ci hanno portato qualcosa che ci poteva servire.
Tra l’altro, non l’ho sentito in Chiesa, dove si proiettava il video, ma nel cortile dell’Arsenale, riportato dal sistema audio che collega ormai tutto l’Arsenale: ero lì difatti per accogliere le persone che, ad una certa ora, vengono a cercare un posto da dormire per una sera.

Titolo video dei 30 anni

Ecco, ho pensato che quell’applauso non era per noi, ma per loro.
I tre ragazzi pakistani e l’anziano signore italiano che sono venuti questa sera a chiedere, hanno beneficiato di quell’applauso, destinato in realtà a tutti i poveri del mondo, quelli che resistono nonostante tutto. L’applauso era per il loro coraggio, per la loro miseria e povertà, per quel miscuglio di speranza e disperazione, di dolore e sopportazione, rassegnazione, coraggio e dignità che si portano scritto in volto. Ed era fatto dai milioni di persone che ci hanno aiutato.

Ma cosa fa veramente il Sermig? Anche dopo trent’anni di Arsenale e venticinque di fraternità, trovo sempre difficile rispondere. Ma stasera lo so: il Sermig è un postino, ecco tutto.
Come un portalettere infatti smista la corrispondenza a chi l’aspetta, noi traghettiamo le persone che hanno bisogno verso chi può aiutarle e nel tragitto, volendo loro bene.
Magari queste persone non si incontrano fisicamente, ma il Sermig le mette insieme, unisce domanda e offerta, crea ponti e non muri, costruisce reti, sinergie, intese.
Insegna ai giovani a dare, senza timore e con raziocinio, sapendo che il primo beneficiario del bene che si “produce”, è colui che lo fa. Il Sermig unisce i cuori, stasera lo so per certo.
Mette insieme cristiani, musulmani, atei e non credenti, giovani e anziani, malati e sani, scovando un modo per farli camminare insieme, alla faccia di tutti quelli che pensano che tutto questo non può avvenire.

Caritas Christi urget nos, diceva il nostro illustre vicino, Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Mi piace quel verbo latino, urget: l’amore di Cristo urge, ci scotta in mano, non possiamo tenerlo per noi. Magari non è la traduzione giusta, ma l’amore che ho ricevuto oggi con quell’applauso, mi brucia davvero in mano e voglio donarlo a tutti voi, a quelli che sono qui ora, e a quelli che sono passati, a chi oggi mi ha regalato uno sguardo di grazie e a chi mi ha sputato addosso perchè non ho potuto accoglierlo.

Stasera vado a dormire sapendo che, finchè c’e questa tensione e determinazione nel fare il bene da parte di così tante persone, il mondo è salvo.
Grazie a voi.

Gianni Giletti

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