Assalto al potere

Pubblicato il 07-06-2023

di Renato Bonomo

Lo scorso 8 gennaio 2023, le agenzie di stampa brasiliane hanno documentato l’assalto ai palazzi del potere di Brasilia da parte dei sostenitori dell’ex-presidente Bolsonaro. Un attacco “vandalo e fascista” secondo il presidente Lula appena reinsediato, sicuramente favorito dall’inerzia delle forze di polizia ritratte mentre scattavano selfie durante l’ingresso dei manifestanti. Quasi due anni prima, il 6 gennaio 2021, un altro triste precedente: i sostenitori di Trump assaltarono Capitol Hill, contestando in modo violento, l’esito delle elezioni presidenziali del novembre precedente. In quell’occasione morirono anche 5 persone: un poliziotto e 4 manifestanti.

In entrambi gli avvenimenti, gli assaltatori, spesso vestiti in modo sgargiante (dallo sciamano alla diffusissima camiseta verdeoro), sono espressioni di minoranze antistatali, radicali, negazioniste e complottiste che agiscono sotto l'impulso dei social e che si muovono sfruttando l’inerzia di alcuni settori delle forze dell’ordine e l’ambiguità dei messaggi di molti politici.

Gli assalti ai luoghi del potere come in Brasile e negli USA non sono infrequenti nella storia, anzi... A scuola ne abbiamo studiati tanti. Dalla presa della Bastiglia a Parigi, durante la prima fase della Rivoluzione francese (14 luglio 1789), fino agli attacchi al Palazzo d’Inverno di Pietrogrado nel 1917 che hanno caratterizzato le rivoluzioni russe di quell’anno. Come poi dimenticare i tanti golpe africani o sudamericani: uno tra più significativi è il bombardamento delle truppe golpiste dell’esercito cileno contro il palazzo della Moneda, strenuamente difeso fino alla morte dal presidente Allende nel settembre del 1973. Le cronache dei tumultuosi anni Sessanta e Settanta ci raccontano poi di giovani che, animati dal sacro fuoco della rivoluzione, sognavano anche loro di scrivere la storia conquistando il loro “palazzo d’inverno”.

Attaccare i palazzi del potere è un atto più simbolico che reale: un modo per mandare un segnale che i vecchi regimi sono caduti e che nuove forme di potere stanno prendendo piede. In taluni casi, gli atti insurrezionali possono essere visti come eventi positivi perché abbattono regimi dispotici, assoluti e retrogradi e introducono forme di potere più aperte e partecipate (anche se questi progressi portano sempre con loro una certa dose di violenza!). In altri, diventano espressioni di reazione e chiusura nei confronti di regimi ritenuti troppo aperti e progressisti e, quindi, responsabili di alterare equilibri percepiti come immodificabili da una parte consistente della società.

Nello specifico dei casi di Washington e Brasilia vale la pena fare una riflessione ulteriore. Se anche la democrazia liberale che questi Paesi esprimono entra in crisi e viene messa in discussione sono guai seri. Dietro questi eventi, infatti, non c’è solo la contestazione dell’esito di una votazione, ma una vera e propria messa in discussione della stessa democrazia. Ma, se abbattiamo la democrazia liberale, quale alternativa abbiamo? Al momento il sistema liberal-democratico rappresenta la forma più evoluta di vita politica associata – anche se non esente da limiti (prima tra tutte una tolleranza molto alta delle diseguaglianze) – capace di tenere insieme processi decisionali condivisi e rispetto dei diritti individuali, e di garantire mediante le elezioni cambi di maggioranze senza ricorrere alla violenza. Vale la pena pensarci bene: quando in Occidente abbiamo messo da parte questi sistemi politici, abbiamo intrapreso strade autoritarie.

I fatti statunitensi e brasiliani (e certi tratti del discorso politico in Europa) sono spie da non trascurare circa l’affezione della società nei confronti delle sue istituzioni democratiche. Purtroppo, non vedo molte alternative quando la violenza sostituisce la pratica democratica e parlamentare. Il confronto è il sale della vita politica; la storia occidentale dalle guerre di religione del Seicento in poi ha capito che è possibile regolamentare il conflitto evitando la sua degenerazione in lotta violenta. Proviamo a non dimenticarlo!


Renato Bonomo
NP marzo 2023

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