CINEMA: Le pere di Adamo

Pubblicato il 31-08-2009

di Davide Bracco


In viaggio attraverso la conoscenza umana (ed i suoi limiti).

di Davide Bracco


Oramai i documentari sono sempre più in voga, proiettati di frequente nelle sale cinematografiche (e non solo sui canali satellitari) e nei principali festival internazionali. Ultimo di questa serie, Le pere di Adamo del regista torinese Guido Chiesa (già noto al grande pubblico per Il caso Martello, Babylon, Il partigiano Johnny, Lavorare con lentezza), prodotto dalla Orione Cinematografica e che sarà presentato alla prossima Festa del Cinema di Roma.
Dalla lettura del soggetto, questo lavoro si segnala da subito per una discreta originalità di intenti: "L’uomo mangiò il frutto dell’albero della conoscenza e incominciò a sapere, apprendere, separare. E da quel momento iniziarono anche i suoi guai. Forse ne avrebbe evitati parecchi se si fosse accorto che, su quell’albero, oltre alle mele, c’erano anche delle pere…".

Il lavoro di Chiesa, da lui anche sceneggiato insieme al collettivo letterario Wu Ming, è un viaggio che, partendo da territori apparentemente famigliari (la meteorologia e la politica), finisce per sconfinare in aree poco esplorate, in cui soggetti a prima vista separati e distanti, risultano infine simili e connessi: nuvole e movimenti, goccioline di vapore e persone, perturbazioni e grandi questioni sociali.
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A far da guida nel viaggio è il paradigma scientifico, ossia l’idea che attraverso la ragione, la prova e la verifica, l’essere umano possa conoscere e controllare la natura e tutto ciò che la riguarda (umani inclusi). Un modello di pensiero che ha nella logica la sua grammatica e nella ricerca dell’esattezza la sua ossessione. Un paradigma che, nella sua fase classica, dall’Illuminismo al ‘900, non ha fatto che richiamarsi all’antico detto che recita ai bambini delle elementari che non bisogna mischiare le pere con le mele.

Fedele a questo principio, la scienza moderna (nelle le sue mille applicazioni) non ha fatto altro che frammentare, separare, dividere tutto, nella speranza che, rimettendo poi le cose insieme, si arrivasse a comprendere il senso e la natura di ogni cosa. Ma quello che la scienza stessa nel corso dell’ultimo secolo ha capito è che non funziona proprio così. O, meglio, funziona così in laboratorio, ma quando si va nella vita reale, le cose sono maledettamente più complicate. Tanto che ancora adesso non sappiamo esattamente dove vanno le nuvole domani…

Un buon esempio di come non tutto possa ridursi alla pura analisi razionale è la musica: certo, c’è una componente matematica, certo la fisica e le altre scienze applicate possono chiarirci molte cose. Ma dai numeri non verrà mai fuori Mozart e con i soli numeri non potremo mai capire perché l’opera K140 ci commuove ancora adesso.
A questo momento mi è sconosciuta la data di uscita in sala ma qualcosa si può già vedere in rete. Aguzzate l’ingegno e non perdete l’occasione!

 

 

 

 

 

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