Correndo vivendo

Pubblicato il 31-08-2009

di Andrea Gotico


Medico chirurgo, volontaria presso il Poliambulatorio medico del Sermig, Stefania è arrivata terza alla Turin Marathon 2006. Ma non conta il piazzamento, conta correre. Come nella vita.

di Stefania Renditore

Conduciamo una vita sempre di corsa, viviamo con l’affanno, a volte forse inseguiamo una meta, a volte la frenesia è afinalistica...
Così ho pensato di fare una corsa vera, una corsa di 42 km e 195 m.
Non è stata una semplice corsa, è stata un’esperienza, almeno per chi come me corre come amatore, libera da ingaggi, contratti, doveri: ho sempre l’impressione che quando sport e denaro si incontrano qualcosa si perde.

Si parte tutti insieme e si è tanti
, tutti colorati, tutti con un pettorale, tutti con una qualche aspettativa dalla gara, dalla propria prestazione. C’è chi ride, chi scherza, chi controlla il cronometro, il tempo, l’asfalto. I chilometri sono scanditi da punti di abbeveraggio (bisogna bere sempre anche se non si ha sete) e di spugnaggio (un po’ di pulizia non guasta!). I chilometri scorrono via come gli anni: all’inizio non te ne rendi conto ma poi li senti a poco a poco nelle gambe...

Le salite selezionano: alcuni iniziano a rimanere indietro...
Ma a selezionare davvero è la fatica che verso il trentesimo chilometro ti attanaglia le gambe, ti entra dentro e sembra esserci solo più lei: fatica e male, davvero male ad ogni passo... vorresti smettere... è tanto più grande di te quello sforzo, non si può competere, è una gara impari... ma poi ti vengono in mente tutte le persone che hai incontrato sul percorso e che tifavano per te, che ti hanno incoraggiato, ti viene in mente chi non può più correre ma è lì con te, chi si è fermato tanto tempo fa, chi deve ancora iniziare, chi è fermo perché limitato dal fisico ma maratoneta nello spirito... poi inizi a vedere i tuoi compagni gli stessi che poco prima erano con te alla partenza che si fermano al ciglio della strada, cerchi di incitarli ma sai che i crampi, che la maratona non perdonano... non puoi aiutarli... puoi solo correre anche per loro... e hai un motivo in più per non cedere...

Io in particolare ho corso per tutti i miei amici, per Selene che forse non può partecipare alla maratona ma sta correndo alla grande nella vita,
ho corso per un signore reso curvo dagli anni che spesso incontro al ritorno dagli allenamenti e che è un mio tifoso speciale (dobbiamo sempre farci una corsetta insieme),
ho corso per un uomo che ho tanto amato e che mi regalò anni fa la corsa al quale auguro di continuare serenamente la sua gara,
ho corso per una trepidante mamma che sapevo essere all’arrivo (le mamme si commuovono sempre per le loro bambine),
ho corso per Katy e Marco perché il vento smetta di soffiare contro e inizi invece a gonfiare le loro vele,
ho corso per un’amica perché l’amore regalato non è mai perduto,
ho corso per lo schiudersi di un cancello nel cuore di un bosco,
ma soprattutto ho corso per la libertà. Ogni volta che corro mi sento libera, mi piacerebbe regalare questa libertà a chi non la possiede, a chi l’ha perduta o solo dimenticata...

E intanto i chilometri scorrono, scorrono a fatica ma scorrono...
I compagni sono sempre meno, ma ci sono oltre ai compagni di quel momento tanti altri compagni...
La “condivisione”, la condivisione della fatica è la chiave per andare avanti, insieme si riesce a volte a fare qualcosa che da soli non si può anche se le gambe che devono correre e faticare rimangono pur sempre tue, solo tue e le senti. In certi momenti ti domandi perché diavolo ti sei iscritto, cosa ti è venuto in mente, cosa stai facendo, che senso abbia... ma queste sono domande che affiorano non solo durante una maratona... in gara non hai risposte se non che ormai sei lì e devi andare avanti, devi dare il meglio, devi credere nella corsa...

E poi verso il 37° chilometro, non ricordo bene ero già tanto stanca, ma ricordo e ricorderò bene la sensazione: le gambe si sciolgono e iniziano a volare, improvvisamente leggere, stanche ma leggere e libere... la fatica passata e presente acquista un senso... il traguardo è vicino e forse le gambe lo sanno meglio di te.
È la cosa più naturale che ti possa accadere, è come quando all’improvviso riesci a cogliere, a sentire il senso della vita: le difficoltà, il dolore rimangono ma tutto acquista un senso e finalmente “sai” o meglio “senti”.

Ancora una curva con un amico compagno di allenamenti che grida e gioisce per te... devo proprio arrivare a questo traguardo, che pur vicino sembra sempre così lontano.
Gli ultimi metri, le gambe volano ancora, superano altri maratoneti, ma non importa la posizione, l’importante è essere lì, l’importante è aver creduto nella corsa, aver dato il meglio, aver dato tutto.

C’è un solo modo per vincere la maratona: correrla
C’è un solo modo per vincere la vita : viverla

Buona corsa a tutti!

Stefania Renditore

 

 

 

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