Da nemici a concittadini

Pubblicato il 14-03-2022

di Renato Bonomo

Il 31° Dossier Statistico Immigrazione a cura di IDOS ci mostra come, per la prima volta negli ultimi vent'anni, sia calata la popolazione straniera in Italia. Oltre al trend demografico italico che è negativo ormai da anni, nel 2020 il nostro Paese ha visto la perdita di quasi 200mila abitanti e la diminuzione di 26.422 unità (-0,5%) di residenti stranieri, fissando la loro presenza a 5.013.215 unità. Tale diminuzione ha anche impedito di compensare il saldo demografico come invece accadeva negli anni precedenti.

Per coloro che guardano con sospetto i fenomeni migratori può sembrare una buona notizia. A ben vedere però, non lo è affatto. Masse di uomini e donne che si spostano sono una costante delle vicende umane. Possono essere molteplici le cause, dal clima all'economia, passando per la politica, ma l'effetto non cambia: i popoli si spostano.

Una suggestione mi colpisce particolarmente. Storicamente, le società che perdono la capacità di accoglienza e integrazione sono destinate a scomparire perché, riducendo la popolazione e chiudendosi in loro stesse, perdono vitalità economica, sociale e culturale e sprofondano nella guerra.

Guardando alla storia, mi viene in mente la parabola di Roma: prima la sua crescita esponenziale dalla fondazione a Traiano, poi la progressiva decadenza fino alla caduta del V sec. Secondo molti storici, la capacità di integrare le popolazioni, facendole diventare cittadine da nemiche che erano, è stata una delle cause che ha permesso a Roma di diventare una potenza mediterranea. Tacito mette in bocca all'imperatore Claudio, che voleva estendere la cittadinanza ai Galli nel 48 d.C., parole illuminanti: «I miei antenati, al più antico dei quali, Clauso, venuto dalla Sabina, furono conferiti insieme la cittadinanza romana e il patriziato, mi esortano ad adottare gli stessi criteri. […] Non ignoro che i Giuli vennero da Alba, i Coruncanii da Camerio, i Porcii da Tuscolo e, per non risalire ad epoche più antiche, furono tratti in Senato uomini dall'Etruria, dalla Lucania e da tutta l'Italia».

«Romolo, nostro fondatore, fu così saggio che ebbe a considerare parecchi popoli in uno stesso giorno prima nemici e subito dopo concittadini. Stranieri presso di noi ottennero il regno». Questo processo di integrazione venne definito “romanizzazione” e permise all'élite dei popoli stranieri, che accettavano i valori e gli stili di vita romani, di diventare cittadini e partecipare alla vita politica. Quando, a partire dal III-IV secolo d.C., questo processo venne meno, si diffuse il razzismo ed ebbe fine il processo integrativo. I vari popoli, impossibilitati a diventare un'unica realtà, cominciarono così ad avere rapporti conflittuali tra loro e le istituzioni romane caddero.

Non è detto che quello che è accaduto, avvenga ancora. Ma, proprio prendendo spunto dal passato, abbiamo la possibilità di scrivere storie sempre nuove.

Renato Bonomo

NP Dicembre 2021

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