Depressi e infelici

Pubblicato il 09-01-2020

di Pierluigi Conzo

La crescita del PIL pro capite negli Stati Uniti negli ultimi anni è stata accompagnata da altri fattori allarmanti per il benessere soggettivo: il peggioramento delle condizioni di salute, il declino della fiducia sociale ed il declino della fiducia nel governo. L’influente economista americano Jeffrey Sachs, nell’ultimo World Happiness Report, suggerisce un elemento comune alla base di questi insuccessi: l’esser diventati una società di “dipendenza di massa”. 


Abbiamo già discusso nel numero di ottobre la crescita del malessere psicologico delle giovani generazioni: depressione, intenzioni suicide e autolesionismo sono in crescita dal 2010 tra gli adolescenti; parallelamente il benessere soggettivo diminuisce, in parte anche in risposta alla quantità di tempo speso dai giovani sui media digitali (videogiochi, smartphone, social network e le ossessioni dei “like”).
Una dipendenza, in generale, stando alle parole di Sachs, è un comportamento che gli individui pongono in essere compulsivamente, nonostante le note conseguenze avverse che questo ha sulla loro vita. Sachs sostiene che gli Stati Uniti stanno vivendo un’epidemia di dipendenze che stanno rendendo una crescente fetta della società americana infelice e clinicamente depressa. 


Tralasciando gli aspetti neuro cognitivi, è interessante soffermarsi su alcuni dati. Secondo l’Istituto americano per la misurazione e la valutazione dello stato di salute (IHME), gli Stati Uniti sono tra i primi al mondo per abuso di sostanze. La statistica utilizzata è la DALY, l’attesa di vita corretta per disabilità, che misura la gravità di una malattia considerando il numero di anni persi per malattia, disabilità o morte prematura. 


Gli Stati Uniti hanno perso 1.703,3 anni (DALY) ogni 100mila persone contro i 340,5 anni in Europa. Tra tutti i 196 Paesi del mondo, sono al secondo posto per anni di vita persi a causa di disturbi legati all’uso di droghe; ottengono la pole position per disturbi legati all’uso di cocaina; arrivano terzi per anni di vita persi a causa di disturbi scaturenti dell’uso di oppiacei e secondi quelli legati all’uso di anfetamine. Riguardo altri disturbi mentali, gli Stati Uniti sono quinti per anni di vita persi a causa di disturbi d’ansia e undicesimi per depressione. Sono al quarto posto, invece, considerando insieme tutti i disturbi mentali. Le dipendenze hanno conseguenze dirette ed indirette sul benessere. Esse spesso portano a scelte e risultati non ottimali, all’isolamento sociale e alla stigmatizzazione e ad attività illecite.

Lo stress e l’alterazione dell’umore causati dalle dipendenze possono dar luogo a depressione clinica, ma allo stesso tempo possono indurre maggiore dipendenza se le persone cercano di curarsi proprio tramite l’abuso di sostanze o comportamenti che creano dipendenza. A questo occorre aggiungere il comportamento moralmente discutibile di alcune aziende che lucrano sulle dipendenze. Per esempio, la casa farmaceutica Purdue Pharma ha sviluppato e promosso aggressivamente farmaci contenenti sostanze ad alto rischio di dipendenza. Nonostante una multa ed arresti nel 2008, la casa farmaceutica continua ancora oggi la vendita e promozione di farmaci che creano dipendenza. Lo Stato, da un lato, potrebbe rafforzare la regolamentazione di mercati cruciali per il benessere, al fine di limitare la possibilità di ricavare maggiore profitto facendo leva sulle dipendenze. Dall’altro lato, il cittadino può “votare con il portafoglio”, documentandosi e premiando con i propri acquisti le imprese che hanno più a cuore il benessere psicologico, ambientale, sociale e materiale delle persone.

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok