Donne e sharia

Pubblicato il 31-08-2009

di Carlo Degiacomi


Vorrei riprendere alcuni ragionamenti che emergono da due domande: è possibile una separazione tra religione e diritti civili in un Paese a prevalente cultura musulmana? È possibile che in occidente vi sia un islam moderato con cui dialogare?

di Carlo Degiacomi

Gli attentati a Sharm El Sheikh e a Londra attuati da terroristi islamici, hanno lasciato il segno in ognuno di noi e nella collettività. Come per l’11 settembre sono fatti e date che modificano la discussione, la realtà sociale, introducono dubbi nei nostri giudizi. Credo che il dialogo e la discussione possano esserci con tutti, ma sulla base di alcuni contenuti, su cui noto spesso incertezze e contraddizioni. Un valore di fondo che non può non essere alla base di qualsiasi civiltà è proprio ciò che è calpestato dagli attentati: il valore della sacralità della vita di tutti. L’ambiente e la qualità della vita mondiale e quindi anche della nostra sono avvelenate dai terroristi. Non facciamo gli struzzi o le anguille.

Le donne in Iraq
La discussione sulla costituzione in Iraq ci aiuta a ragionare sulla prima domanda.
I tentativi di costituzione in Iraq (ne abbiamo discusso bene sui media in Italia? Siamo informati? Siamo in grado di dire quali sono i punti importanti che oggi contiene?) e la sua votazione, ci hanno fatto capire che alcuni punti sono passati: il pluralismo, il multipartitismo, la messa al bando della dittatura, il diritto di voto, il federalismo ecc. C’è però un punto su cui è indietro e sul quale non si riesce a discutere. In tutte le società in cui le questioni della famiglia e del rapporto tra i sessi, sono regolate dalla Sharia o dalla legge islamica, le donne sono discriminate.

In nome dell’islam sono esposte a matrimoni obbligati, carcere o pena di morte in casi di stupro, a trattamenti ingiusti e scorretti in casi di matrimonio, divorzio, eredità. Le donne musulmane si trovano in tutto il mondo da affrontare un dilemma non secondario e per ora di difficile soluzione. Se aspirano a vivere seguendo le regole della propria fede, sono private di ogni diritto. Alcune donne hanno trovato una via d’uscita nella separazione tra religione e diritti civili.
Dove sono gli occidentali?
Una donna irachena, Naghem Khadim, è un simbolo delle donne che in quel Paese manifestano per ottenere una costituzione che corregga le regole islamiche attuali.
Un articolo della costituzione (che sarà ratificata entro il 15 ottobre) impone al legislatore di non varare norme in contraddizione con i precetti della Sharia.
Scrive Ayaan Hirsi Ali, parlamentare olandese che ha scritto la sceneggiatura del documentario Submission diretto dal regista Theo Van Gogh, assassinato da un estremista islamico - con molta forza polemica - : “dove sono gli occidentali quando si parla di diritti fondamentali delle donne?” La teoria del multiculturalismo nelle democrazie liberali dell’occidente penalizza le donne appartenenti a minoranze etniche e religiose con pratiche contro le donne. Molti imam, mullah e altri radicali musulmani sono determinati a soggiogare le donne in nome di Dio. Chi si dice liberale, perché non alza la voce anche quando i diritti delle donne vengono minacciati dall’oscurantismo religioso?”
I diritti sono cancellati
La Sharia, che conferisce al marito il controllo completo sulla moglie, non fornisce opportunità alle donne di esercitare qualunque diritto politico. Hanno il diritto di andare a votare, ma per uscire di casa le donne hanno bisogno del consenso del marito.
Una ragazza può essere richiesta in sposa dal momento della prima mestruazione: le spose bambine sono una realtà diffusa. Le implicazioni di questa realtà sono pesantissime in termini di curriculum scolastico, di aborto, mortalità della madre e mortalità infantile. Gli uomini sono favoriti con il diritto di sposare fino a quattro donne e il diritto di ottenere facilmente il divorzio senza l’intervento di un tribunale, semplicemente ripetendo “divorzio da te” in presenza di due testimoni. Alla moglie divorziata spetta un’indennità per un periodo variabile da tre mesi e un anno, poi più nulla. Viceversa, se a voler divorziare è la moglie, la donna deve recarsi in tribunale e dimostrare che il marito non provvede alle sue esigenze materiali, che non è fertile e che è impotente. Una volta sancito il divorzio, la custodia dei bambini viene assegnata automaticamente al padre (per i figli maschi di almeno 7 anni e per le figlie femmine già mestruate). Per quanto riguarda le eredità, la Sharia prevede che la moglie riceva solo una piccola parte delle proprietà del marito e che le figlie femmine ricevano la metà di quanto spetta ai fratelli maschi.
 C’è un islam moderato in occidente?
La risposta è positiva secondo il tentativo del ministro Pisanu e del Governo di dare vita ad una Consulta dei musulmani d’Italia, un organismo consultivo, non rappresentativo. Data la pluralità e la conflittualità interna alle comunità è impossibile individuare un’unica rappresentanza dell’insieme dei musulmani. Molti sostengono questa scelta come atto di maturità culturale e politica; rappresenta la determinazione dello Stato ad assumere un ruolo diretto nella gestione del fenomeno islamico in una società come quella italiana,
per favorire una solida integrazione dei musulmani; in questo modo si esclude che i musulmani possano essere un corpo separato e antagonista all’interno dello Stato. È interesse dell’Italia, dell’occidente, far emergere e incoraggiare e sostenere sul piano mediatico e politico i musulmani perbene e di buon senso che si rifanno ad una interpretazione moderata dell’islam, fino a considerarli interlocutori delle istituzioni e della società civile. I musulmani nei Paesi dell’Unione Europea sono circa 17 milioni, la gran parte hanno la cittadinanza europea, la loro presenza è una questione interna all’Europa e all’occidente. Essere rigidi con chi predica terrorismo e sapere che il problema non si risolve sigillando le frontiere e espellendo gli immigrati musulmani, è saggio.

È lecita la speranza di essere di fronte a una galassia articolata?
L’autore di “Vincere la paura” Magdi Allam editorialista del Corriere della Sera scrive: “All’interno della galassia musulmana che accomuna a vario titolo un miliardo e trecento milioni di persone, circa 1/5 degli abitanti della terra, ci sono certamente della realtà nazionali e individuali che fanno riferimento al sistema di valori e alla civiltà occidentale. L’Islam si coniuga al plurale sul piano comunitario religioso, nazionale, ideologico, giuridico, culturale. I musulmani, nel loro vissuto, possono o meno fare riferimento alla religione ma rappresentano la sintesi della loro singola esperienza familiare, psicologica, sociale, economica, culturale e politica. Non si tratta quindi né a livello di islam né tanto meno a livello di musulmani di una realtà monolitica, integralista e immutabile nel tempo”.
Tutti gli appelli a dialogare con i musulmani moderati si basano su questa speranza. Vedremo presto se non rimarrà una speranza.

Carlo Degiacomi

 

 

 

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