Eritrea

Pubblicato il 24-03-2022

di Mauro Palombo

Un anno di guerra: un lungo tempo per chi ha fame.

Il messaggio che ci arriva in questi giorni dagli amici in Eritrea è sintetico e molto duro: «Per la giovane Eritrea, questo è forse il momento più critico della sua storia».

Come in tanti, troppi altri casi, la “breve e chirurgica” azione militare iniziata nel nord-ovest dell'Etiopia, compie ormai un anno e più e devasta l'intero Paese, l'Eritrea, coinvolgendo tanti altri attori nella regione e fuori da essa.

Preparata da una sequenza storica di altri devastanti conflitti e odi alimentati con cura, quest'ennesima guerra, da tutti condotta in una logica di annientamento e morte, lavora intensamente per preparare quelle che le verranno dopo. Minacciando di far implodere del tutto l'etnofederalismo della popolosa Etiopia, e travolgere la piccola Eritrea, che da subito si è coinvolta silenziosamente nella lotta senza quartiere.

Si sono così dissolte le grandi speranze di una nuova era che l'insperata dichiarazione di amicizia sottoscritta solo tre anni fa dai presidenti di Etiopia ed Eritrea, aveva alimentato.

Come noto, una delle prime vittime della guerra è la verità; nel blackout informativo, a far notizia è più la disinformazione sovente eclatante, arma potente per intorbidare le acque.

In Eritrea, risuona un ostinato silenzio, in uno scenario di sempre più completo totalitarismo e isolamento dall'esterno, che dura da anni. Le chiusure e restrizioni generalizzate attuate ufficialmente per contrastare la pandemia, avevano già provocato evidenti conseguenze sociali ed economiche, grande precarietà, e penuria alimentare. Il conflitto contro le forze del Tigray ha drenato ancora risorse umane – molti e sempre più i richiamati al fronte – ed economiche.

Il risultato non può che essere: «Siamo allo stremo, isolati da moltissimi mesi. Nelle città e fuori intere famiglie soffrono l'indigenza, in lotta quotidiana contro la fame, e le malattie. In particolar modo la malnutrizione miete vittime tra i più deboli e i più sensibili: i bambini, i minorenni, gli anziani… ».

Negli ultimi due anni, la Chiesa e i religiosi hanno visto confiscati prima tutti i presidi sanitari nelle città e nei villaggi, e poi tutte le scuole di ogni grado gestite: servizi attuati con semplicità ma con grande dedizione, particolarmente preziosi per i tanti che potevano contare solo su pochi mezzi. Anche con forti limiti imposti alla sua azione, non rinunciano tuttavia a mantenere tutta la possibile presenza accanto ai poveri, che necessitano di speranza, non meno che di mezzi di sopravvivenza.

La posizione ufficiale del governo è che ci sia piena autosufficienza economica e sanitaria. Si aiuta quindi sottotraccia, in ogni forma tollerata. La fiducia della gente, e una capillare presenza che non viene meno nonostante tutto, può fare la differenza, e trasformare in vita per tanti ogni risorsa che si renda disponibile.

Siamo accanto a questo impegno. In un tempo in cui è molto difficile poter realizzare le tanto necessarie iniziative di sviluppo su cui a lungo si è lavorato, vogliamo, in tutti i modi possibili, aiutare in concreto a custodire la vita e la speranza tra i molti poveri. E in questo senso stiamo operando, nella concretezza.

Sono state messe a disposizione risorse per tutto quanto possibile, e in futuro per tutto quanto ancora potrà esserlo, grazie alla solidarietà di tanti. Ci saranno così tante situazioni che, anche nella tragedia del momento, potranno essere preservate. Anche vivendo un segno di vicinanza molto molto apprezzato, nella situazione tanto ignorata quanto grave di questa terra e di questa gente.

Mauro Palombo
NP Dicembre 2021

 

 

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