Il mondo a tavola

Pubblicato il 20-05-2024

di Aurora Antonucci

Non c’è stagione in Arsenale senza giovani e adulti. Scuole, gruppi scout e parrocchiali, associazioni trascorrono con il Sermig momenti di servizio e formazione. Tra le attività più significative c’è sicuramente il Pranzo dei popoli. Ne parliamo con Jessica, giovane volontaria, che si occupa di proporre questa esperienza soprattutto ai più giovani.

Che cos’è il Pranzo dei popoli?
Da tanti anni ormai l’Arsenale crede e investe nella diffusione di questo progetto, che può prendere forme diverse: pranzo, merenda o cena dei popoli. Lo usiamo infatti non soltanto con le scuole, ma anche con i ragazzi dei campi di condivisione che organizziamo durante tutto l’anno. È un modo coinvolgente per avere uno sguardo sul mondo, per capire come funzionano le sue dinamiche. Per vedere le moltissime persone che sono nella povertà e le pochissime che, viceversa, hanno moltissimo, la maggior parte delle ricchezze del pianeta. Utilizziamo lo strumento del cibo perché ha un significato concreto e immediato, si può dire che colpisca direttamente allo stomaco, suscitando forti emozioni e sensazioni in chi partecipa all’attività, aiutandolo a essere contemporaneamente spettatore e attore dell’evento. E questo vale anche per i bambini e i ragazzi.

Hai parlato di bambini …
Sì, perché la viviamo con le classi, dalle elementari alle superiori. Tutte le settimane, sono molte le richieste da parte degli insegnanti di portare gli alunni a conoscere l’Arsenale. Dopo la visita dei vari luoghi la proponiamo ai più interessati.

Che riscontri avete avuto e tuttora avete tra i ragazzi delle scuole che partecipano a questa attività?
Scuramente lo stupore è ciò che abita ogni volta questi momenti, anche se la dinamica delle reazioni dei ragazzi cambia ogni volta. Teniamo presente che una volta che la persona “indossa” l’identità di qualcuno nel mondo, viene inserita in un certo gruppo a seconda della ricchezza del Paese che rappresenta: chi è molto ricco siederà alla tavola imbandita, chi ha una vita dignitosa ma non ricca siederà al secondo tavolo e gli altri in gruppi non omogenei ma diversi ancora tra loro. Perché c’è differenza anche tra i poveri, e quindi si siederanno a terra su due strisce: i poveri e i poverissimi. Su questa seconda striscia siederà la maggioranza dei ragazzi. È soprattutto tra loro che sorge lo stupore: «Caspita, nessuno mi ha mai detto queste cose!» Perché si sa che ci sono Paesi poveri, si sa che esiste la guerra, ma sembra tutto molto lontano…

 

COME SI SVOLGE IL PRANZO DEI POPOLI

Invitiamo i ragazzi a entrare in una sala grande, dove non ci sono sedie ma soltanto due tavoli. Uno molto curato, con pochissimi posti a sedere, l’altro molto più spartano, ma ugualmente con pochi posti. Tutti gli altri – in generale sono un centinaio di persone, ma a volte raggiungono anche le trecento – si siedono per terra o anche in piedi se non c’è più posto. A ogni persona che entra viene data una CARTA D’IDENTITÀ. Da quel momento diventerà per tutto il tempo dell’attività una ragazzina giapponese di 14 anni, oppure un manager canadese di 40 con tre figli o un bambino del Ghana di 5… Abbiamo studiato le varie identità per riprodurre in scala l’intera umanità in una stanza.
Scopriamo così che l’Europa è rappresentata da poche persone, l’Italia ancor meno, è raro che si trovi un italiano rappresentato in questo mondo in una stanza, mentre moltissimi sono asiatici. È una sorpresa, perché non tutti abbiamo consapevolezza di queste percentuali. È molto bello e interessante vedere le reazioni: pur essendo tutti abitanti in Italia, nel tempo del pranzo rappresentiamo un mondo di cui siamo una piccolissima parte. Alle persone poi ricordiamo che, dietro a queste identità fittizie, ci sono persone reali che negli anni abbiamo conosciuto e di cui sappiamo la storia. Per esempio, se si tratta di un bambino africano, viene detto se ha studiato o no, se sta lavorando o no, se vive in guerra oppure no.
Ragionando su queste storie, è possibile dimostrare che i conflitti avvengono spesso in quelle parti del mondo dove la popolazione è più povera o ha meno strumenti per evitarli. Dove magari ci sono molte risorse minerarie ma non ci sono risorse per la scuola. E così più povertà significa più conflitti e più diseguaglianza sociale.

 

Il cibo come viene distribuito ai ragazzi?
Chi è seduto alla tavola imbandita riceverà tantissimo cibo; se si tratta della merenda riceverà decine e decine di merendine per ogni persona, chi è seduto a terra invece una fetta biscottata se si trova nella prima striscia mentre chi è seduto nella seconda riceverà una nocciolina. Questa sproporzione enorme nella distribuzione colpisce molto, naturalmente. Sono ragazzi che vivono in Italia, che a casa hanno fatto colazione, faranno ancora due pasti nella giornata, ma sono colpiti ugualmente da questa dinamica, provano un senso di ingiustizia e insieme di impotenza: «Non è giusta questa ripartizione del cibo, ma io cosa posso farci?» Allora chi conduce lascia loro un momento per riflettere e poi lancia la provocazione: «Adesso avete un attimo di tempo per pensare a cosa potete fare. Vi invitiamo a fare quello che credete sia giusto. Non ci sono regole, fate quello che credete sia giusto». E allora si vedono le reazioni più diverse: dal bambino che si alza dal fondo della sala e corre a cercare di recuperare la brioscina avanzata dal tavolo dei ricchi alla massa che cerca il cibo nei bidoni della spazzatura (parte del cibo viene infatti fintamente buttata come rifiuto). Questo impressiona ogni volta. Ed è quello che avviene nella realtà tutti i giorni: chi è in difficoltà si muove senza sosta per cercare di sopravvivere. In questo modo cerchiamo di spiegare anche il fenomeno delle migrazioni. Ecco allora sorgere, specialmente tra i più grandi, la riflessione: «Io nel mio piccolo potrei cambiare qualcosa», il messaggio che passa è quello che il cambiamento avviene davvero quando tante persone cambiano la propria mentalità e decidono di impegnarsi facendo piccoli gesti alla portata di ciascuno.

E le persone sedute al tavolo come si comportano?
Dipende: a volte quando si muove la massa si sentono circondati, e quindi rimangono impassibili e immobili, a volte invece – mentre quelli seduti a terra cercano ancora di capire cosa fare – loro stessi si alzano dal tavolo e portano il loro cibo agli altri. A volte succede anche che molti seduti a terra aspettino che altri vengano a portar loro le cose. Sono tutte dinamiche molto interessanti che parlano di un’assunzione sempre maggiore di consapevolezza da parte dei “ricchi” e dei “poveri”. Questo è testimoniato anche dal gesto di alcuni “ricchi” di non accettare altro cibo oltre a quello che hanno davanti a disposizione sul tavolo. Il dialogo finale è orientato a incrociare le idee per capire insieme la realtà della diseguaglianza nella distribuzione delle risorse del pianeta e trovare nuovi modi per combatterla. La nostra non vuol essere soltanto una provocazione fine a se stessa, ma una pista di ricerca comune di soluzione dei problemi, nell’ottica di contribuire a costruire un mondo più giusto.

Questa specie di circolo virtuoso ha trovato altri riscontri negli anni al di fuori delle mura dell’Arsenale?
Sì. Ormai sono molti anni che proponiamo questa attività. Abbiamo incontrato tantissime scuole di tutta Italia e anche estere; a volte è difficile avere una continuità di rapporti con i ragazzi che abitano molto lontano, ma chi vive nei pressi di Torino e ha partecipato si fa cassa di risonanza con i propri contatti e inizia a collaborare con noi. Alcuni organizzano raccolte alimentari, o di prodotti di cancelleria nelle proprie scuole, altri tornano per fare attività di volontariato. Questa dinamica ci permette poi di aprire delle reti: a esempio parlando a casa con i genitori si generano occasioni per coinvolgere anche le aziende. Non poche negli anni ci hanno chiesto di sensibilizzare i propri dipendenti su questo tema. Alcuni giorni fa abbiamo realizzato assieme ai ragazzi che erano in Arsenale per il campo di Carnevale il Pranzo dei popoli all’interno della sede di una grande azienda di Torino, con la partecipazione di molti dipendenti. È stato molto bello il commento rilasciato poi da un ragazzo: «Mi ha fatto pensare che voi non cerchiate di passare il messaggio solo a noi studenti che in realtà non possiamo far molto per cambiare le cose perché le decisioni in merito alla gestione dei soldi le prendono i nostri genitori, ma che vogliate coinvolgere anche loro. Questo mi fa capire che possiamo fare un cammino insieme, adulti e giovani, per costruire un mondo migliore».


Aurora Antonucci
NP Focus
NP aprile 2024

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