Inferriate

Pubblicato il 31-08-2009

di Gian Mario Ricciardi


La globalizzazione ci mette in contatto con il resto del mondo, la paura continua a dividerci.

di Gian Mario Ricciardi


È l’anno delle inferriate. Quelle vere: sempre più inquietante prova dell’insicurezza nei paesi, nelle città, nei condomini che stralunati amministratori hanno relegato (capita, capita) in qualche improbabile ritaglio di terreno tra tangenziali e strade. Quelle che sono trinceroni: nei quartieri a rischio e non solo a Padova. Desiderati e attesi, sognati a volte, come in quello che a Torino era il Tossik Park; ora, per fortuna, sempre di più e di nuovo Parco della Stura.
Quelle di carta: nelle famiglie che invece d’affrontare i problemi si sono chiuse a riccio, trincerandosi dietro non si sa che cosa, per proteggere la loro incapacità di parlare, di comunicare, di risolvere.
Quelle di pelle contro la nuova violenza, che con un processo quasi inconsapevole possono diventare razzismo provocato dalla voglia inesausta di tranquillità, di serenità, di sorrisi.
Dietro tutto questo c’è un primato tutto italiano, un brutto primato. Il cinquanta per cento di tutte le rapine commesse nel 2006 in Europa è stato messo a segno nel nostro Paese. E, con numeri e modi (coltelli o pistole) diversi ha drenato tutto il Belpaese. 2774 colpi, quasi l’1,5 per cento in più dell’anno prima. Tantissimi. Mentre in Germania sono stati 728, 484 in Spagna, 445 in Francia, 122 in Gran Bretagna e non ci si può neppure consolare affermando che, in fondo, s’è trattato di bottini poveri.
No, anche questo è primato italiano: i soldi rubati da Milano a Palermo superano i 53 milioni di euro contro i 20 della Germania e i 3 della Gran Bretagna.
E dire che per difendere i loro sportelli gli istituti di credito si sono inventati di tutto: dai sistemi di apertura temporizzata delle casseforti, ai macchinari che rilevano le impronte digitali al momento dell’ingresso in banca. Senza contare che sono state piazzate telecamere dappertutto.
Il numero degli assalti è cresciuto in modo significativo in Trentino Alto Adige. La zona più sicura resta la Valle d’Aosta.

Poi i furti. Sono la spina nel fianco soprattutto al nord Italia e soprattutto nei paesi mediopiccoli. Assalti che avvengono di notte, spesso con i proprietari inconsapevolmente in casa. Sono quasi sempre compiuti da extracomunitari disperati che arrivano dai Paesi dell’est.
Così nelle grandi città sono tornate le proteste e i cortei per chiedere sicurezza. Si sono firmati patti con lo Stato. Si sono ottenuti uomini e mezzi. Ma anche i piccoli paesi sono corsi ai ripari e in grande fretta: intensificando i controlli con i vigili e con l’aiuto dei carabinieri. In questo contesto, inevitabili, sono lievitate le inferriate, le porte blindate, i cani da guardia.
È la grande contraddizione del 2007: più cresce la globalizzazione che ci fa vivere in diretta problemi e drammi di un mondo aperto, più ci si chiude in casa.
Ma torniamo agli extracomunitari e, in particolare ai rom. Il cammino dell’integrazione è lungo e difficile. Ma non si può non prendere atto di come il livello di scontro tra abitanti e nomadi sia cresciuto di livello in modo quasi incontrollabile con marce, baracche incendiate e la malapianta dell’odio. Ecco, le inferriate di pelle.

Per finire, purtroppo, le inferriate del cuore e delle idee, che stanno dividendo cattolici da cattolici, credenti da laici. Che si parli di famiglia o di Dico, del papa o dei vescovi è sempre più difficile farlo senza dividere. Sono queste, forse, le inferriate più pericolose, quelle più pesanti e ci vorranno anni per rimuoverle. Le altre sono meno rischiose. Basta non sottovalutarle, non rimuoverle quasi fossero cose di destra o di sinistra. Sono cose vere. Richiedono risposte vere (non le solite parole), risposte che possano riaprire i cuori ed alzare le inferriate. Non è una follìa. Si può fare, ma facendo di più.

 

 

 

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