Intervista a Saverio Costanzo
Pubblicato il 31-08-2009
Giovane e promettente regista italiano, dopo il suo primo lungometraggio, “Private” (Primo Premio al Festival di Locarno 2004), è attualmente nelle sale il secondo, “In memoria di me”..
![]() | Costanzo è senza dubbio uno dei registi “giovani” (lo è davvero, avendo superato da poco la soglia dei 30) più interessanti del nostro cinema. Ha al suo attivo le sceneggiature di spot sociali e cortometraggi e la regia di alcuni documentari come “Caffè Mille Luci”, “Brooklyn”, “New York” dove si descrive la comunità italo-americana partendo dai clienti di un piccolo bar e “Sala Rossa” (2001), una docu-fiction in 6 episodi sulle lotte e le tragedie vissute in un pronto soccorso ospedaliero, presentato con successo al Torino Film Festival. Il passaggio al lungometraggio è felice e viene subito notato anche in ambito internazionale: i suoi due lavori vengono proiettati al Festival di Locarno e al Festival di Berlino. Per la felicità di voi lettori e per testimoniare l’esperienza artistica di un uomo di cinema, lo scrivano si defila e, grazie alla disponibilità di Saverio, cede spazio alle sue parole. |
I tuoi due lungometraggi analizzano le dinamiche personali tra uomini costretti all’interno di quattro mura. Un caso o una dimensione narrativa che senti familiare? Tu dimostri nel film In memoria di me un indiscutibile talento visivo, capace di creare immagini davvero coinvolgenti. La stessa storia si configura come un thriller metafisico girato in un convento. Quali i tuoi riferimenti figurativi? Il film ha avuto recensioni davvero entusiaste (La Repubblica e Il Sole 24 ore in primis) mentre l’Osservatore Romano è stato critico. Inevitabile la domanda sul tuo pensiero nei confronti della spiritualità e sulla Chiesa cattolica come istituzione. |
Davide Bracco da Nuovo Progetto maggio ‘07 |
Vedi anche: Alla luce del sole (di Roberto Faenza) |