L’importanza delle parole

Pubblicato il 19-09-2022

di Renato Bonomo

Noi italiani la chiamiamo Leopoli perché in latino era Leopolis, "la città del leone". Per gli ucraini è Львів (traslitterato: L'viv), per i polacchi Lwów, per i russi Львов (traslitterato: L'vov); in tedesco e in lingua yiddish è Lemberg ( גרעבמעל ). Nomi diversi per una stessa città, esempio significativo delle stratificazioni della storia.

Leopoli dal 1340 fece parte del regno polacco; nel 1772, con la prima spartizione della Polonia, iniziò a gravitare all’interno dell’impero asburgico. Al termine della Prima guerra mondiale, l’Ucraina occidentale visse una breve stagione di indipendenza finita con l’annessione alla Repubblica polacca nel 1923. Nel 1939, a seguito del patto Molotov- Ribbentrop, le truppe sovietiche entrarono a Leopoli. I nazisti la conquistarono nel 1941 e colpirono duramente la popolazione ebraica. Alla fine della guerra si costituì la Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina. Gran parte della popolazione della città di origine polacca fu costretta a emigrare, sostituta dall’immigrazione ucraina e russa. Nel 1991 arrivò l’indipendenza e nel 2022 una nuova guerra. Ancora oggi Leopoli sembra vivere in bilico tra oriente e occidente, alla ricerca di una collocazione definitiva.

Come per Leopoli, il discorso vale per l’Ucraina tutta. I suoi confini attuali sono piuttosto recenti e uniscono territori che per secoli hanno avuto storie distinte: la stessa Leopoli e Kiev appartennero per secoli a imperi diversi. Proprio il tema della collocazione geopolitica dell’Ucraina continua a essere problematica tanto da essere una delle cause più importanti dell’invasione attuale. Non è possibile in una pagina elencare tutti i motivi di conflitto che oppongono i russi agli ucraini. Tra questi uno in particolare ci interessa: la contrapposizione della memoria. In particolare russi e ucraini propongono diverse interpretazioni intorno all’Holodomor e tale diversità è essenziale per comprendere gli sviluppi attuali.

Holodomor significa letteralmente “omicidio per fame” e si riferisce a una carestia senza precedenti che si verificò soprattutto in territorio ucraino e kazako tra il 1932 e 1933 e che causò oltre 7 milioni di morti. Le cause non furono solo climatiche o naturali: Stalin volle colpire intenzionalmente i contadini ucraini colpevoli di essere – a suo modo di vedere – controrivoluzionari. Negli anni precedenti, Stalin aveva attuato la dekulakizzazione: una vera e propria epurazione di una intera classe contadina di piccoli proprietari in nome della collettivizzazione delle terre. Molti kulaki rifiutarono di cedere le terre, nascosero cibo e uccisero il bestiame pur di non cederlo allo Stato. Molti di quelli che si ribellarono erano ucraini. La reazione staliniana fu feroce: ai contadini fu imposto di lavorare per lo Stato, senza tenere nulla di quanto prodotto, anche a costo di morire per fame, perché l’intera produzione doveva essere requisita dai bolscevichi. Il grano ucraino era di ottima qualità e venne venduto all’estero per ottenere la valuta necessaria per finanziare la grande politica di industrializzazione che Stalin aveva in mente. Solo con la caduta del muro di Berlino prima e dell’Unione Sovietica poi si riuscì a definire meglio i contorni di questa ecatombe e a comprendere meglio le responsabilità di Stalin e della classe dirigente bolscevica. Proprio dalle lettere di Stalin si evince la volontà di colpire i contadini e di punirli mediante la carestia: solo la fame avrebbe fatto capire loro che ogni forma di ribellione allo Stato socialista sarebbe stata inutile.

Nel 2003 le Nazioni Unite, tra cui Russia e Ucraina, hanno definito l’Holodomor una “tragedia” non solo ucraina ma anche dei popoli kazako e russo. Tra il 2003 e il 2008 il parlamento ucraino ha cominciato a definire “genocidio” la grande carestia del 1932-1933 e ha criminalizzato il suo negazionismo e quello dell’olocausto. La Russia ha reagito con fastidio e ha invitato più volte l’Ucraina a non usare il termine “genocidio”, utilizzato a suo dire solo in funzione antirussa.

L’Unione europea ha infine scelto una terza via, nel 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella quale ha riconosciuto l'Holodomor come un “crimine contro l'umanità”. Tuttavia molti parlamenti degli Stati europei, tra cui quello italiano, non hanno dato seguito a tale risoluzione. A seconda dei singoli Stati quindi l’Holodomor è una “tragedia” o un “genocidio” o un “crimine contro l’umanità”. Alla luce di quanto la cronaca oggi ci mostra, possiamo comprendere che non sono solo semplici parole: dietro a ogni definizione, ci sono responsabilità diverse su cui non solo il tribunale della storia dovrà esprimersi.

Renato Bonomo

NP Maggio 2022

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