La periferia dentro

Pubblicato il 28-06-2022

di Fabrizio Floris

Le periferie sono identificate come sommatorie di mancanze (di infrastrutture, servizi, lavoro): ciò che manca è dire ciò che sono. Quello che non c’è ti definisce, spiega Carlo, e col tempo passi da quello che non ha a quello che non sei. La periferia da luogo di assenze, diventa esistenziale: qui stai nell’intersezione di due periferie, tra il tuo abisso e il precipizio della città, ma non dici nulla e nessuno ti chiede niente. Infatti, il tessuto connettivo delle città è sempre più poroso e friabile, il lavoro non crea più legami e si vive appartati e soli: evitarsi è il nuovo istinto in questi luoghi dove, come ha scritto Luigi Zoia, si vive il tempo della morte del prossimo.

«Esco quando è buio per buttare la spazzatura – racconta Enzo da Mirafiori, periferia sud di Torino – non mi va di incontrare nessuno, non ci parliamo mai e non saprei cosa dire, qualche volta ci ho provato, poi nessuno mi rispondeva così mi sono adeguato». Paulo Freire la chiamava la cultura del silenzio: lasciare che le cose vadano come vanno, vivere nella rassegnazione. Ma come fai a non rassegnarti dopo 15 anni di cassaintegrazione? Come fai a non rassegnarti dopo 10 anni di lavori saltuari e malpagati? Come fai a non rassegnarti di fronte al silenzio dopo che hai mandato mille curriculum, ti sei presentato a centinaia di concorsi e sei sempre arrivato secondo? Come fai a non rassegnarti quando ti licenziano senza dirtelo, perché il contratto scade e nessuno ti dice è «andata bene, andata male, potresti migliorare in questo aspetto?». Niente, come un cane ante litteram ti presenti e trovi la porta chiusa. «Non ce la faccio – prosegue Carlo – che ti posso dire, ho sempre sonno, mi deprimo perché vedo le cose che non riesco a fare, mi blocca quel senso di inutilità, il dover essere all’apice della carriera, per età e formazione, e ritrovarmi senza lavoro. Non è la disoccupazione a farmi pensare al peggio, ma è il peso del fallimento, la vigliaccheria che mi assale tutte le volte che, di proposito, evito tutti quei posti dove so di incontrare gente che conosco, perché non mi va di spiegare loro come stanno le cose (che cosa faccio, che cosa ho intenzione di fare, perché non vado via, perché vivo ancora nella stessa strada dove sono nato, perché dopo l’Università non ce l’ho fatta). Qui, al parco, sono venuto per caso, per caso tu mi hai rivolto la parola, per caso mi è venuta voglia di risponderti, perché non parlo mai con nessuno, nessuno mi chiede niente». Alla fine ti rimane solo il silenzio perché anche la cultura si è persa. Se passi da Mirafiori potrai vedere perché.


Fabrizio Floris
NP marzo 2022

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