Le prime battaglie. Intervista ad Anna Rosa Gallesio Girola

Pubblicato il 31-08-2009

di Chiara Genisio


Novantaquattro anni vissuti intensamente. Dalla lotta nella resistenza al successo nella professione di giornalista. Dall’impegno politico e nel sociale al ruolo di mamma di quattro maschi. Anna Rosa Gallesio Girola, torinese, non ha dovuto scegliere tra essere madre, moglie, donna in carriera e in politica. Ha potuto vivere pienamente la sua vita e continua a farlo ancora oggi. Il segreto? Cultura, tenacia, un marito che ha condiviso le sue scelte fin dalla lotta antifascista e una rete di aiuti famigliari e sociali, che forse, come racconta, “un tempo era più semplice ottenere”.
 

di Chiara Genisio


Iniziamo dal giorno in cui entrano i partigiani a Torino e lei viene chiamata come giornalista al quotidiano Popolo Nuovo, ci rimane per dieci anni fino alla chiusura e passa così alla Gazzetta del Popolo, per poi terminare la sua carriera a La Stampa. All’epoca non c’erano molte donne giornaliste, venivate trattate diversamente dai vostri colleghi?
Non saprei, perché quando si parla delle donne, si rischia di farne delle vittime. Sarà che io non ci ho mai badato, sarà che avevo degli altri interessi, sarà che avevo figli, ma non ho sentito che ci fosse emarginazione per il nostro sesso.

Lei è stata la prima donna eletta in Consiglio provinciale e divenuta assessore. Per vent’anni ha ricoperto un ruolo attivo nella politica sociale, il suo lavoro l’impegnava molto. Come riusciva a conciliare tutti i suoi impegni anche con il ruolo di moglie e madre?
È vero allora nei giornali si faceva ancora la famosa “ribattuta” e si finiva di lavorare alle quattro, così almeno due volte alla settimana non solo le mie giornate erano piene, ma anche le notti. Ho potuto farlo perché mio marito è sempre stato d’accordo sulle mie scelte e perché abbiamo avuto dei bravi aiuti che si occupavano dei nostri figli e della casa.

Non aveva paura a rientrare a casa così tardi?
Avevo una paura nera, qualche volta qualche collega si offriva di riaccompagnarmi, ma io mi vergognavo. Paura ne ho sempre avuta, anche durante la resistenza.

Come ha fatto a vincerla?
Bisognava vincerla. Io avevo paura di tutto, ma bisognava fare lo stesso. Non mi sono mai lasciata bloccare dalla paura. Per fortuna non mi sono mai trovata in situazioni di grande pericolo.

Se avesse dovuto scegliere tra la carriera politica e quella nella professione cosa avrebbe fatto?
Avrei preferito la professione. Io ero nell’Azione Cattolica da giovane, non avevo l’ambizione di diventare deputato. Secondo me comunque le donne hanno più interesse a far carriera che ad impegnarsi in politica… ora ho 94 anni, può essere che mi sbagli…

Lei ha vissuto accanto a donne di diverse generazioni, che cosa è cambiato per l’universo femminile?
È cambiato molto soprattutto grazie alla scolarizzazione, perché allora le donne non le facevano studiare, ora ci sono molte laureate. Non è che le donne di allora fossero limitate, assolutamente: la mia bisnonna lavorava già, anche se in un settore femminile, mia madre ha sempre lavorato, era impiegata all’Alleanza cooperativa. Almeno qui a Torino, le donne avevano anche le loro idee… E poi voi raccogliete i frutti del nostro impegno. Una delle prime battaglie importanti che abbiamo combattuto in accordo con le donne di tutti i partiti (comuniste, liberali, socialiste, noi cattoliche…) è stata per la parità salariale, in seguito quella per l’apertura alle carriere. Dunque le donne per ottenere questi diritti hanno lottato.

Cosa ne pensa dei movimenti femminili?
Io ero contraria anche se ne facevo parte. I gruppi si facevano per difendere gli interessi delle donne, però alla fine si sono emarginate un po’ da sole. Io ritenevo più giusto che ci si inserisse nel partito a parità, ma allora la mia opinione non era molto condivisa.

Cosa direbbe ai giovani di oggi per il loro futuro?
Direi di cercare la professione che piace loro e in quell’ambito di specializzarsi il più possibile. Direi invece di smetterla con quel linguaggio comune delle parolacce, è proprio brutto!

Chiara Genisio
da Nuovo Progetto marzo 2006

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