Oltre la vergogna

Pubblicato il 01-07-2024

di Chiara Genisio

La buona notizia è che l’Italia, a livello europeo, è considerato un Paese con un tasso di suicidi basso. Secondo l’ultimo report dell’OMS (Suicide Worldwide in 2019), nel 2019 era di 0,67 casi per ogni 10mila persone, ben inferiore ad altre realtà europee come la Francia (1,38); la Germania (1,23); la Polonia (1,13); la Romania (0,97); la Spagna (0,77); e gli UK (0,79).
Tutta un’altra storia se il fenomeno di chi si toglie la vita lo guardiamo dentro le carceri del nostro Paese. La conferma arriva con gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l’Italia si colloca ben al di sopra della media europea. I numeri si riferiscono al 2021, quando il tasso di suicidi in carcere era pari a 10,6 casi ogni 10mila persone detenute, mentre la media europea si attestava a 9,4. E in tre anni la situazione nella nostra Penisola è peggiorata di molto. Nel dossier curato da Antigone emergono situazioni che devono creare vergogna a tutti coloro che hanno responsabilità nel mondo carcerario. L’emergenza continua, tra inizio gennaio e metà aprile, sono stati 30 i suicidi accertati. Uno ogni tre giorni e mezzo. Nel 2022, l’anno record, a metà aprile se ne contavano 20. Sommando i suicidi avvenuti nel 2023 con quelli nei primi mesi del 2024 sono già cento.

Dalle biografie di queste persone emergono in molti casi situazioni di grande marginalità. Sono per lo più giovani, l’incidenza del tasso dei suicidi è più alto tra le donne, molte sono le persone di origine straniera. Veramente numerose anche le situazioni di presunte o accertate patologie psichiatriche. L’età media di chi si è tolto la vita è di 40 anni. Gli istituti dove sono avvenuti il maggior numero di suicidi tra il 2023 e il 2024 sono le Case Circondariali di Roma Regina Coeli, di Terni, di Torino e di Verona. E proprio a Torino, il Consiglio Comunale ha approvato una mozione che impegna sindaco e Giunta a chiedere al ministro della Giustizia la realizzazione di una nuova struttura carceraria, meglio integrata con il resto della città e in cui sia possibile anche l’esecuzione di pene a custodia attenuata che portino a un reinserimento proficuo nella società. Le storie personali di chi si è arreso raccontano di disagi, di sofferenza, di solitudine, di malattia. Il sovraffollamento nelle carceri è il sintomo del fallimento di tutta la giustizia. Si parla sempre di riforme, intanto i detenuti continuano a morire. Per evitare la solitudine, la depressione, si potrebbero liberalizzare le telefonate. Poter parlare con una persona cara può far tanto, per chi vive un profondo dolore, potrebbe anche salvare la vita.


Chiara Genisio
NP maggio 2024

 

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