L'impegno smarrito nella fiction

Pubblicato il 31-08-2009

di Gian Mario Ricciardi


La fede è sempre più un fenomeno di costume e sempre meno un fatto di vita.

di Gian Mario Ricciardi
Torino, vigilia del mercoledì di Quaresima, portici di via Po, colloquio rubato tra madre e figlia: “È il giorno delle Ceneri, lo sai?”. “Le Ceneri, certo, ma di chi?”. Telequiz di grande audience: “Chi ha portato le tavole della legge dal monte Sinai? Mosè, Abramo, Isacco?” Risposta dopo lunga e vuota attesa: “Forse Isacco”.
Così va il mondo. E se va così, certo, per chi ha un barlume sia pure flebile flebile di fede, gira malissimo. La società del Grande Fratello è passata dal bigottismo all’ignoranza. Si può anche non credere, ma non si può avere il diritto di non conoscere i fondamentali di una delle storie più affascinanti dell’umanità. Così va il mondo. E aprile e maggio ci sciorinano, di domenica in domenica, prime comunioni e cresime che richiamano in chiesa tutti i cattolici di primavera, quelli del “dopo ci vediamo al ristorante”, quelli del “speriamo che il prete faccia in fretta”.E via in un profluvio di banalità. è sempre più difficile incontrare qualcuno che sappia spiegare esattamente che cosa ci sta a fare tra i banchi con l’abito da festa e soprattutto che cosa ci stia a fare quel bambino o bambina in attesa della prima comunione.

E più avanti, nei mesi del sole, spesso è peggio. Nel trionfo dei matrimoni (sempre di meno) che vengono celebrati in chiesa sembra purtroppo spesso l’Ave Maria di Schubert il pezzo più importante della cerimonia dove tutto, ma proprio tutto, è stato studiato nei minimi particolari o affidato a mani esperte (e care): dai fiori alle bomboniere, all’auto, allo spreco vergognoso di riso e pasta all’uscita sui sagrati. E la fede? Certo non sempre, ma molte volte diventa un optional. E a scorrere le richieste di separazione e di divorzio (in costante aumento) e quelle di annullamento presso i Tribunali Ecclesiastici regionali, le Sacre Rote d’Italia, si capisce perché. Ci sono giovani che si sono rivolti ai giudici otto giorni dopo il matrimonio, i più entro i primi tre mesi, gli altri non oltre i due anni.

Sono cifre che dipingono lo scenario del 2006, quello dei cattolici obbligati (loro malgrado) sempre di più a vivere la loro fede come minoranza sempre più piccola. Così va il mondo. E per scoprirlo basta cogliere qua e là frasi reality della concezione della vita; basta fare un giro con le orecchie aperte nei dehor dei bar o nei supermercati. Quella che emerge è una religione del fai-da-te che ognuno mescola a suo piacimento: una spruzzata di cattolicesimo, un passaggio protestante, briciole di buddismo, pagine di ebraismo e qualcosa anche di musulmano. Così va il mondo e così continuerà a muoversi senza più saper distinguere, alla fine, tra vero e falso, realtà o finzione, confronto e dialogo o abdicazione.

Così va il mondo, ma forse qualcosa si può fare per cambiarlo: recuperando la certezza dei valori fondamentali della vita, proprio quelli purtroppo e troppo spesso lasciati sui banchetti della strumentalizzazione politica di ogni colore; ritrovando la certezza di quelle radici cristiane che Giovanni Paolo II voleva nella Costituzione Europea; ritrovando tra le pagine del Vangelo pulizia morale, impegno, voglia di pagare di persona ed onestà intellettuale, una virtù sempre più rara.

Di Gian Mario Ricciardi
da Nuovo Progetto aprile 2006

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