Pace: un dono da chiedere
Pubblicato il 22-09-2011
La pace, fra noi uomini si dice, si programma, si studia, si promette. Tutto ciò serve a creare delle buone disposizioni. Ma se la si vuole autentica, allora essa va chiesta a Dio, implorata dal profondo dell’anima, con cuore umile, dolente e colmo di speranza.
Siamo di fronte a una situazione angosciosa: la pace come ottimale dell'esistenza, per tutti i beni che ci procura e tutti i mali che ci evita, non è alla portata dei nostri cuori terreni. Non riusciamo a conciliare in modo felice uno nostri bisogni fondamentali, il dominare, con quello ancora più fondamentale del convivere; gli uomini e le donne in cui l' «animus dominandi» è più accentuato, presto realizzano, con gli altri, rapporti carichi di potenza ideologica, economica, politica, dalla seduzione intellettuale alla brutalità atroce, e sventuratamente privi di amore. In questo modo il gioco di Caino e il «mors tua, vita mea» diventa regola storica. Anche nella vita religiosa, se vi prevale l'umano, i biblici pastori invece di pascere le pecore se ne pascono. È in contrasto con tale sfondo, è guardando a questa umanità lacerata e nemica di se stessa, in odio e lacrime, che si comprende come la pace non sia possibilità storica, ma solo dono che viene da altrove, e precisamente dall'alto, nella persona umanizzata del Figlio di Dio. Né capiremo mai a sufficienza Gesù Cristo re di pace, se non ci immergiamo nella continua «pace mancata» del mondo, fino a toccarne il fondo, per poi emergere istruiti sulla nostra tragedia e disposti a guardare umilmente a Lui come all'unica nostra possibilità di pace. |
Egli può ciò che a noi è impossibile. Egli, dice la Scrittura, non sopporta muri: li abbatte, fra noi e Dio, fra noi e noi; li travolge con amore e sangue sacrificato, li annulla con la benevolenza, li rende assurdi con il dono e il perdono. |
È questo il primo grande impegno di chi si sente responsabile. Il primo modo di costruire la pace, ossia di disporre in modo nuovo menti e cuori, punti di vista, linee di pensiero, strategie per il mondo: perché solo lo Spirito può tramutare i cuori di pietra in cuori di carne. I costruttori di pace, i campioni della settima Beatitudine, quanti miracoli hanno già operato, nei millenni. Credendo in Dio, hanno guardato l'uomo, e vissuta la loro vita spinti dall' «animus serviendi», opposto di quello dei dominatori e scelto espressamente da Dio per salvarci: «Io sono in mezzo a voi come colui che serve». I costruttori di pace fanno così. Affrontano situazioni, vogliono ricostruire fiducie, annullare paure, ristabilire vita e relazione, credendo fermamente che tutto ciò è possibile se si è con Dio, che non fa certo il secondo nelle loro opere. Essi sono, in sostanza, il segno reale che la pace è già venuta fra di noi, che il «come in cielo, così in terra» non è utopia. L’unico segno credibile, perché gratuito e sostenuto da vero amore. Il dono della pace rimane dono, in conclusione, e come tale va chiesto umilmente e ottenuto; ma poi, tesoro nostro, diviene storia vissuta per le strade del mondo, incontro a tutta la gente. Allora diviene storia vera di un sogno che non è più sogno, ma la parte più vera della vita, o, per dirla con Pascoli, «l'infinita ombra del Vero». Dio e la sua pace sono uno. Giuseppe Pollano Mons. Giuseppe Pollano - riflessioni inedite per la Fraternità del Sermig |