Sono tornato a guardare le stelle

Pubblicato il 22-07-2021

di Gian Mario Ricciardi

Sono tornato a guardare le stelle. L’ho fatto nei giorni del lockdown calante sperando di ritrovare la leggerezza della vita. Allora, nelle notti stanche e gonfie d’attesa, ho colto, di nuovo, i flussi della terra, la leggerezza della brezza, i lievi rumori del vento.
Così, semplicemente nel muoversi delle luci e delle ombre ho intravisto i tremori silenziosi e la sofferenza in lacrime di chi ha perso, insalutati ospiti negli ospedali, mogli, mariti, fratelli, sorelle. Ed ho pianto con loro, per loro. Tante volte: ad ogni calar di stella e tremolio del vento.

Ho immaginato medici ed infermieri bravi, onesti, con il cuore a casa accanto ai figli in dad e padri, madri, suoceri in trepidazione e le mani accanto ai malati. Ma in questa folla di volti che mi accerchiavano, c’erano anche, nel lento scorrere di questo an- nus horribilis tanti (davvero tanti) che hanno sprecato tempo, non hanno procurato (o fatto male con contratti mal scritti) i vaccini, riempito di protocolli perfetti, forse i migliori del mondo, ma inapplicabili, provocato con le lentezze file interminabili di malati negli ospedali, nelle cliniche, nelle Rsa. Ed ho pianto di nuovo. Lo faccio spesso: sarà l’età.

Poi, sul far della mezzanotte, quando il vento smorza la sua forza, il sole se ne è andato da tempo nel tramonto di questi giorni così irreali ma belli, ho percepito la presenza di chi ha dato il cuore e spesso anche la vita per attutire prima, fermare poi l’emergenza, lenire la paura, abbreviare l’attesa della nuova stagione della vita che coinvolgerà tutti.
Allora, solo allora, ho ricominciato a sperare. Certo era ed è una speranza senza illusioni, né paraocchi. Una speranza lieve, seria, consapevole, problematica anche. Ho visto l’accelerazione tangibile delle vaccinazioni. Ho alzato gli occhi al cielo. Sì, ho rivisto le stelle nella lunga traversata che continua forse meno amara. Con loro ho colto il nascere di un sentimento nuovo.

Piano piano sono idealmente passati nel cielo mio fratello ucciso da Covid, i santi più amati, il Papa della mia vita, san Giovanni Paolo II, tante persone che, nel silenzio e nella discrezione, mattone dopo mattone, stanno costruendo la nuova "città di Dio e degli uomini". Li ho immaginati sull’acqua del mare, tra le onde prima di una burrasca bestiale ed ora finalmente più lievi e calme. Ho alzato lo sguardo. Il lungomare era deserto, le strade vuote, i locali ancora chiusi, pochissime luci. Era, di fatto, lo scenario di un lockdown lunghissimo, interminabile, non più sopportabile. Ed ecco, subito dopo, il nostro mondo: gente che va, gente che viene, vaccinata, corazzata, davanti ad un nemico maledetto che, purtroppo, resterà per tanto tempo accanto a noi. Ed ho sentito forte il sapore della speranza e della luce. Era tanto tempo che non osservavo più così gli altri, i loro occhi, le mani, i contorni, le spigolature, le smagliature. Ho capito che quella sera c’era qualcuno con me in riva al mare: c’era una luce che brillava lontano: era Dio, era la fede. Una fede ferita dai troppi morti soli nei nostri cieli, da tanta amarezza frutto a volte di invidie colpevoli di gente amata che ci ha tradito, di depressioni ed errori nostri e degli altri in questa lunga "selva oscura".

Ma, oltre questa coltre di fantasia e di vissuto, c’erano la purezza dei sentimenti ritrovati, la potenza del respiro delle giornate quasi normali, il filo del futuro, la voglia di tornare a progettare il futuro. Certo, lo so, questo è un sogno di mezza primavera, un sogno se vogliamo pieno di ingenuità ma con una venatura di verità ed una voglia di rinascita che, ne sono certo, farà sbocciare, a poco a poco, "un nuovo inizio" per tutti.


Gian Mario Ricciardi
NP aprile 2021

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