Un prete, un garante

Pubblicato il 30-10-2021

di Chiara Genisio

È il primo in Italia. Don Carlo Vinco (foto), parroco della chiesa di San Luca a Verona è stato eletto, con una larga maggioranza, dal Consiglio comunale veronese, dopo che la garante precedente, Margherita Forestan, ha rassegnato le dimissioni per motivi di salute. «Vengo da una storia di rapporti con i carcerati – racconta don Carlo – che è indipendente dal mio essere prete. Sono legami che ho coltivato come amico, conoscente». Negli anni è stato accanto a loro, li ha sostenuti, li ha aiutati a reinserirsi nella società.

«Il ruolo del Garante a Verona – sottolinea in un'intervista a Telepace – è stato impostato in maniera molto significativa da Forestan che ha vissuto questo ruolo con grande passione, competenza e intelligenza.
Ha saputo destreggiarsi tra l'impegno e una carica umana davvero significativa. Anche con il suo appoggio e la sua presenza alle mie spalle spero di poter continuare su questo sentiero».

Don Vinco ha un anno davanti a lui per impostare il suo lavoro dentro e fuori dalla casa circondariale Montorio, la sua nomina scade infatti con il Consiglio Comunale il prossimo anno, «un tempo – anticipa – in cui deciderò anche se ricandidarmi per un nuovo mandato». Si deve confrontare con una popolazione carceraria molto variegata, con numerosi stranieri che non hanno sul territorio legami famigliari e rapporti amicali, e questo complica molto la possibilità di reinserimento, il carcere è uno dei luoghi di maggior fragilità e povertà. Due le priorità, quindi, per don Carlo: l'attenzione alle situazioni personali, alla solitudine, alla mancanza della famiglia. E poi il rapporto con la Città affinché il carcere non sia un'isola.

Il Garante è una figura istituita nel 2009 autonoma dalle istituzioni, ha il compito di promuovere e difendere i diritti dei detenuti e soprattutto di impegnarsi per permettere loro di vivere il carcere come pena rieducativa, che possa reintrodurli nella società. Per don Carlo c'è molta strada da fare anche perché negli ultimi anni si è ornati indietro. «È proprio quello – rivela – che mi ha chiesto la direttrice del carcere, Maria Grazia Felicita Bregoli: riattivare progetti esistenti e coltivare il rapporto col territorio, punto fondamentale considerato che tante persone in carcere non sono veronesi». Ed è proprio in questo lavoro di creazione di legami che don Carlo potrà fare la differenza. Trai primi impegni ha quello di seguire la ripresa dei progetti che coinvolgono i detenuti, bloccati per la pandemia e la difesa dei diritti alla cura e alla salute in fragile equilibrio per il Covid.


Chiara Genisio
NP giugno / luglio 2021

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