Venezuela, la fatica di sopravvivere

Pubblicato il 16-09-2016

di Lucia Capuzzi

di Lucia Capuzzi - “La domenica mattina, giorno di distribuzione, si presenta alla nostra porta, in una sala della chiesa di Chiquinquirá, la più grande della capitale, una folla di persone. E i farmaci disponibili sono sempre così pochi”, racconta Chelito, vice ministro generale dell’ordine francescana secolare. Questa pensionata di 68 anni ha creato, insieme ad altri volontari, la rete Remedio entre todos, per raccogliere e poi dare medicine e cibo ai venezuelani stremati dalla crisi. Il principale produttore di petrolio dell’America Latina è a terra.

Il crollo del prezzo internazionale del greggio ha mandato all’aria il sistema di sussidi creato dal defunto Hugo Chávez, facendo venire alla luce ciò che a lungo l’euforia dell’oro nero aveva nascosto: sperperi, inefficienze e nodi irrisolti. Le riserve di dollari del Paese si assottigliano giorno dopo giorno: il governo del successore, Nicolás Maduro, ha, dunque, tagliato all’osso le importazioni. Poiché la produzione interna copre meno del 40 per cento del fabbisogno, finiti gli stock accumulati, gli scaffali dei negozi si sono progressivamente svuotati. Dal 2015, la recessione si è fatta drammatica, con code chilometriche di fronte ai market per accaparrarsi i pochi articoli disponibili.

L’emergenza sanitaria è forse l’aspetto più drammatico della crisi venezuelana. Poiché, se la mancanza della maggior parte dei beni è critica, quella delle medicine è letale. Nel senso letterale del termine. Secondo il ministero della Salute, l’anno scorso, il tasso di mortalità negli ospedali pubblici è cresciuto del 31 per cento. Nel 2012, la quota di neonati deceduti poco dopo il parto si aggirava intorno allo 0,02 per cento. Ora – secondo un rapporto presentato da alcuni parlamentari dell’opposizione – la cifra è centuplicata, raggiungendo il 2 per cento, mentre, in tre anni, il dato sulla mortalità materna s’è quintuplicato. L’Ong Codiva calcola che, alla fine del 2015, nel Paese mancava il 70 per cento della lista dei 150 farmaci considerati essenziali dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Nel caso dei medicinali neurologici, la penuria superava l’85 per cento.

L’Associazione venezuelana di servizi sanitari di orientamento cristiano (Avessoc) – di cui fanno parte 19 ambulatori, due centri diagnostici, 4 ospedali e vari centri comunitari – ha denunciato l’impossibilità di assistere un numero crescente di pazienti cronici a causa dell’irreperibilità di reagenti, antiretrovirali, farmaci salvavita. La carenza di medicine colpisce tutti. I più abbienti, però, hanno almeno qualche chance di procurarsi un po’ di pillole al mercato nero, dove i prezzi sono centuplicati. “Ciò che in farmacia costa 100 bolívar, fuori arriva a 2.500”, afferma Scarlet Salazar, pediatra del centro Santa Inés la Pradera. Cifre improponibili per i poveri a cui non resta che un mix di medicina alternativa e “rimedi della nonna”. “Prima pellegrinavo da una farmacia all’altra, alla ricerca. Poi ho capito che era inutile. Così ho guardato su Internet: c’è scritto che l’aglio abbassa la pressione. Ora, dunque, ne prendo un cubetto ogni giorno. Funziona? Non lo so, ma qualcosa devo pur fare”, racconta l’uomo. Al momento, in realtà, i risultati sono stati scarsi. Ana le ha provate tutte per trovare gli anti-tumorali. Alla fine, esausta, pure lei si è rivolta al Web. E ora combatte il cancro a colpi di foglie di guava, un comune frutto tropicale.

La mancanza di cibo alimenta le malattie. “Vedo i miei familiari dimagrire a vista d’occhio – sottolinea Chelito –. E non posso fare niente”. A soffrire la conseguenze più gravi sono i bambini. “La malnutrizione è diventata un dramma”, racconta la dottoressa Salazar che, oltre all’impegno in clinica, dedica due mattine alla settimana all’ambulatorio di La Vega, tra le più affamate baraccopoli della capitale. “Se a gennaio avevamo 3-4 casi, ora sono 15-20”, aggiunge il medico. Con il costo del cibo a quota + 718 per cento in un anno, “le mamme della comunità hanno smesso di svegliare i figli per mandarli a scuola. Li lasciano dormire fino a tardi, così saltano la colazione e vanno direttamente al pranzo – dice Doris che fa la volontaria nella comunità de La Quinta -. Nel mio doposcuola, su 38 studenti, ne mancano 20”.

Eppure, il governo rifiuta di riconoscere l’emergenza e di aprire agli aiuti internazionali. Oltre che di trovare una soluzione condivisa con l’opposizione. Stritolati dal gioco politico, i malati continuano la loro battaglia quotidiana per sopravvivere. Mentre nella giungla del mercato nero vince chi specula di più, i poveri, spesso, provano a scommettere sulla solidarietà. “Sembra incredibile, ma l’ho visto con i miei occhi”, conclude Salazar. A La Vega la gente ha creato una sorta di banca dei farmaci spontanea e informale. Mettono in comune le poche medicine disponibili e chi ne ha necessità le usa, con l’impegno a rimpolpare le scorte con quel che si trova. A tal fine, ci sono squadre di residenti che tengono d’occhio, a turno, le farmacie della zona e avvertono quando arriva qualche carico”.








Rubrica di NUOVO PROGETTO

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