L'anno zero

Pubblicato il 10-02-2024

di Matteo Spicuglia

Sapir non dimenticherà mai. Quel giorno dal suo nascondiglio ha visto tutto: l’arrivo di motociclette, automobili, camion.
Almeno cento uomini in tenuta d’assalto con fucili, granate e piccoli razzi. «Era come un punto di raccolta», ha detto al New York Times. Il resto è pura atrocità. La prima vittima una giovane donna dai capelli rossi: un uomo che la tira per i capelli, un altro che la stupra e a ogni suo lamento affonda un coltello nella schiena. Massacrata. Così altre quattro donne. Nemmeno Musa potrà mai dimenticare.
Sotto le bombe ha perso la madre, il padre, i fratelli e due figli: Nada di 5 anni e Mustafa di due. L’altro figlio Azmi ha 7 anni ed è ricoverato in ospedale con le gambe rotte. La moglie invece, gravemente ferita, con un piede amputato e ustioni su tutto il corpo. «Il mio cuore è straziato dal dolore, – racconta Musa – i miei due figli piccoli giacciono sotto terra da una settimana.
Sono stati sepolti insieme nella stessa tomba con il loro nonno»

Due storie, due fronti apparentemente opposti, in realtà la cronaca dello stesso abisso: la sofferenza nuda, primordiale, quella che viene prima della ragion di Stato, degli ingarbugliamenti della geopolitica, della schizofrenia dei processi storici. Il dolore crudo, quello che ti entra nelle ossa, che paralizza, che dà fondo anche alle lacrime, che non trova pace. La barbarie della guerra e della violenza, che può avere ragioni, ma mai una ragione perché possono cambiare contesti, epoche e spazi, ma il prezzo da pagare è sempre lo stesso: abissale.

Facile capirlo, impossibile viverlo. Così dice il senso comune in questo inizio 2024 che nasce dalle ceneri di un 2023 terribile.
Impossibile credere ancora in ragionamenti complessi, confrontarsi serenamente sui limiti necessari all’uso della forza e al diritto legittimo all’autodifesa. Impossibile lasciarsi interpellare dall’umanità ferita senza cadere nel confronto sterile tra dolori.
Impossibile parlare di pace senza essere bollati come fiancheggiatori del nemico o buonisti da sentimenti zuccherosi e in quanto tali irrilevanti. Impossibile… Eppure, se le situazioni si giudicano dai frutti, cosa potrà mai uscire di buono dalla strada intrapresa fino a oggi? Purtroppo nulla. Solo distruzione, solo odio, solo disperazione.
Domenico Quirico, un grande inviato di guerra che ha sperimentato in prima persona il nonsenso del male, una volta ha detto che esiste solo un modo per far entrare il dolore umano nell’agenda politica: avere il coraggio di dire basta, di alimentare un aspetto buono dell’oblio, di mettere cioè un punto e a capo e decidere insieme di vivere una sorta di anno zero.

Un compito che spetta prima di tutto alle parti coinvolte in una guerra, per allargarsi poi ai singoli. Non è scontato farlo, per certi aspetti è un’impresa titanica. Cominciamo noi, dai piccoli o grandi dolori vissuti, dal disincanto che a volte incrocia la vita e che non deve avere l’ultima parola, dai gesti di perdono di cui siamo capaci.
Forse il nostro anno zero sarà speranza anche per chi deve elaborare abissi molto più grandi.
 

Matteo Spicuglia
NP gennaio 2024

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