Vedere oltre

Pubblicato il 04-12-2023

di Flaminia Morandi

Messe di individui, non comunione. Ognuno lì nel banco, chiuso sul proprio problema. Mentre nello spazio della chiesa sta avvenendo un ribaltamento della realtà, degli individui stanno inchiodati a ciò che li affligge. Pregano, sì, ma per essere liberati da quello che li opprime. Il lavoro che non c’è, un figlio malato, un debito, una perdita straziante, un rifiuto, un’umiliazione, l’invidia, l’incubo di una malattia invalidante, la guerra in casa. La lista è lunga, tutto quello che ci aggredisce e ci fa paura. Che male c’è a pregare per essere liberati?

Nessun male. Gesù è venuto a liberarci, ogni suo segno nei Vangeli è un segno di liberazione. Ma proprio per questo ci chiede di guardare oltre, e a rovescio. Come dice Origene: «Noi vediamo una cosa e ne crediamo un’altra. Vediamo un uomo, Gesù e crediamo in Dio». E non andiamo in chiesa per quello che vogliamo ottenere, ma per quello che possiamo dare. Ecco cosa dicono alla fine del IV secolo le Costituzioni apostoliche (libro II, c.59): «Quando insegni, o vescovo, comanda ed esorta il popolo a frequentare la chiesa regolarmente, ogni giorno al mattino e alla sera e a non rinunciare mai, ma a riunirsi sempre per non rimpicciolire la Chiesa assentandosi e privando il corpo di Cristo di uno dei suoi membri». Perciò «riunitevi ogni giorno mattino e sera, cantando salmi e preghiere nella casa del Signore, al mattino cantando il salmo 62 e alla sera il salmo 140. Ma specialmente al sabato e nel giorno della risurrezione del Signore incontratevi con maggiore attenzione, innalzando lodi a Dio…».

Dunque, nessuna distinzione tra eucarestia come “azione della Chiesa in quanto corpo” e liturgia delle ore come “ufficio di devozione”. Ogni “sinassi” ha sempre un unico scopo: costituire il popolo di Dio in Corpo di Cristo. L’assenza anche di uno solo significa impedire la pienezza. La liturgia, compresa la liturgia delle ore, è una profezia attiva: celebra la vita cristiana, che è comunione. Cioè riprodurre nelle nostre vite Cristo. Lo scopo non è cambiare il pane e il vino, ma me e te. Siamo noi a diventare Cristo l’uno per l’altro, e così diventiamo – semplicemente vivendo – segno per chi ancora non lo conosce o lo conosce male.

Non un percorso da monadi, ma da comunità. «La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due», dice Francesco in Gaudete et exultate. E ricorda la testimonianza dei monaci trappisti di Tibhirine in Algeria, rapiti la notte del 26 marzo 1996 e poi uccisi. Al martirio si preparavano da tre anni, quando erano stati minacciati dagli estremisti islamici. «Grosso modo abbiamo dato il cuore a Dio», diceva il priore Christian de Chergé, «e quanto ci costa vedere Gesù prenderci sul serio!». Negli archivi è stata trovata l’intenzione di preghiera dell’ultima Compieta, prima che il commando li rapisse: «Signore Gesù, ricevi nella beata eternità quelli che muoiono e come ai fratelli di Fès, donaci di accogliere la nostra morte come passaggio alla vita». E sono andati a dormire. Oggi la loro tomba è visitata da centinaia di pellegrini. Islamici.

Flaminia Morandi

MP Ottobre 2023

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