Annalena Tonelli

Pubblicato il 07-06-2013

di Annamaria Gobbato

“Noi musulmani abbiamo la fede, voi l’amore”, confidò una volta un vecchio saggio musulmano ad una donna cristiana. Nel febbraio 1994, Ernesto Olivero e alcuni membri del Sermig sono in Somalia per una missione di pace. Ad accoglierli, i soldati italiani chiamati dalla comunità internazionale nel Paese dilaniato dalla guerra civile. A loro consegniamo gli aiuti raccolti a Torino perché li distribuiscano alla popolazione stremata. Una sera, a Merka – in pieno deserto, cento chilometri circa dalla capitale Mogadiscio – il generale Fiore ci presenta una donna minuta, il capo avvolto da un velo.

È italiana, si chiama Annalena Tonelli.
È lei la donna cui si riferiva il vecchio musulmano. Forlivese, era arrivata in Africa negli anni ’70, per costruire scuole e ospedali in Kenya, Etiopia e Sudan. Dopo la denuncia ad Amnesty delle atrocità commesse sui civili dai militari, viene espulsa dal Kenya, ed ora é in Somalia. Nella sua casa accoglie 700 bambini malati di tubercolosi. A Merka la vita non è facile: mentre camminiamo per strada, si levano insulti e frasi provocatorie. “Come fai, Annalena, a resistere in questo contesto?”, le chiede Ernesto. “Si resiste soltanto se ci si sente abitati”, risponde.

Quegli occhi azzurri che hanno asciugato tante lacrime
e ci guardano in profondità rivelano il suo segreto: Qualcuno l’ha mandata in questa terra sconvolta, e parla attraverso i suoi gesti. Annalena viene uccisa il 5 ottobre 2003, in circostanza ancora non chiare. La sua opera continua attraverso il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo di Forlì fondato già nel 1963. L’odio non ha vinto, Annalena vive ancora.

di Annamaria Gobbato - I nostri maestri – Rubrica di Nuovo Progetto

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