Pietro e Cornelio

Pubblicato il 22-01-2014

di Andrea Gotico

Ogni martedì alle ore 20.30 la Fraternità, gli amici e volontari del Sermig e tutti coloro che lo desiderano si ritrovano all'Arsenale per rinsaldare le motivazioni del loro cammino, con l'aiuto del silenzio, della Parola di Dio e della musica. Ogni volta uno di noi della Fraternità offre degli spunti di riflessione e testimonianza a partire da un brano della Parola di Dio. La rubrica "I martedì del Sermig" desidera condividere con voi questi spunti. Per rinnovare la speranza.

Commento al capitolo 10 degli Atti degli apostoli

L'incontro tra Pietro e Cornelio è il racconto di una svolta nella vita della prima comunità cristiana. È il passaggio che ci aiuta a capire cosa è diventato il cristianesimo e come sarebbe potuto rimanere. Gli apostoli, i discepoli, i primi credenti sono all'inizio del loro cammino. Stanno vivendo qualcosa di straordinario: la realtà di Gesù, morto e risorto, la gioia che li accompagna, lo Spirito della Pentecoste che ha trasformato tutto: ha reso un gruppo di persone impaurite e ignoranti capaci di predicare, di farsi capire da tutti i popoli, di fare prodigi, guarire i malati, sanare gli infermi, scacciare gli spiriti immondi.

La prima comunità tuttavia non ha ancora capito tutto, ha dei limiti evidenti: crede, per esempio, che l'annuncio della buona notizia portata da Gesù riguardi esclusivamente il popolo di Israele, gli ebrei, la religione del tempio, con le sue regole, i suoi doveri, le sue prescrizioni. I pagani, per non parlare dei romani, sono esclusi. Chi vuole seguire Gesù, deve inserirsi nel solco dell'ebraismo. Ed è strano questo aspetto, perché Gesù quando era in vita aveva già dato delle indicazioni precise, aveva testimoniato con l'esempio uno stile completamente diverso: Gesù mangiava con i peccatori, portava a modello di compassione degli stranieri, come il Samaritano, aveva guarito il servo di un centurione, compiuto miracoli nel giorno di sabato, liquidato già la questione dei cibi puri e impuri, spiegando che tutto va a finire nella fogna. Eppure, i suoi amici non avevano ancora capito. E questa non è una novità! Semplicemente guardavano il mondo partendo dal loro punto di vista, dalla loro mentalità, dalle loro tradizioni. Le loro sicurezze, insomma. Quanto di più umano possa esserci! Per natura, lo facciamo tutti.

Ma Dio ha in mente un altro programma. Anche in questa situazione è lui che prende l'iniziativa, ma con una pedagogia tutta sua: un metodo paziente che fa della gradualità il terreno di ogni scelta forte. Dio agisce qui e ora, ma per portarti oltre. Oltre i tuoi limiti, oltre le tue convinzioni, oltre la tua piccolezza. Pietro e i suoi capiscono così che le cose potrebbero andare diversamente da come se le erano immaginate. I credenti crescono di numero, i primi viaggi nelle città e i villaggi intorno a Gerusalemme, la fede in Gesù che attira anche gli stranieri, poi la notizia bomba: la conversione di Saulo, un persecutore, di cultura greca, scelto direttamente da Gesù come suo testimone, sulla strada di Damasco.

Adesso, la logica dell'imprevisto da accogliere investe ancora una volta Pietro. Quest'uomo è un antieroe, secondo me la prova della fondatezza del cristianesimo. Quale presunto fondatore avrebbe diffuso di sé l'immagine di un traditore che diventa testimone, un uomo con dubbi e perplessità capace di fidarsi nonostante tutto, con insicurezze ammesse, ma subito affidate a Dio? Anche in questo brano, Pietro non capisce, è pieno di limiti, eppure così belli perché allargati da Dio. Fa tenerezza vederlo perplesso –così dice il testo – di fronte ad una visione divina che distrugge completamente le sue convinzioni, la sua cultura, i comportamenti che in fondo aveva sempre assunto. C'è una tovaglia che scende dal cielo ricolma di quadrupedi, rettili, uccelli, tutti animali impuri per la tradizione ebraica e quel Dio su cui ti sei giocato tutto che ti dice: mangiali, fidati, non sono queste le cose che contano, cambia idea, non chiamare più profano ciò che Dio ha purificato. Un cambiamento completo di prospettiva. Eppure, Pietro si fida. Non capisce, non sa che dire, ha domande, ma non fugge, le coltiva.

È un po' quello che succede all'altro protagonista di questa storia. Cornelio è agli antipodi rispetto a Pietro: romano de' Roma, centurione, un soldato, tra l'altro con ruoli di responsabilità. Per gli ebrei, il top dell'impurità: straniero, non circonciso, esponente delle truppe di occupazione della regione. La classica persona che non bisogna considerare. Anzi, bisogna proprio evitarla. Figuriamoci poi se è il caso di andare a mangiare a casa sua.

Cornelio è al di fuori dell'annuncio di Gesù, almeno per come la vedevano gli apostoli: Gesù non è cosa sua. Ma il testo ci dice che Cornelio era un uomo buono, retto, religioso. Non aveva forse le idee chiare, ma anche lui coltivava domande, attese. Era un cercatore, buono e disarmato. Anche in questo caso, Dio parla e agisce per primo: dice di essersi ricordato di Cornelio, le sue opere sono salite al cielo, lo invita a cercare un tale Simone, detto Pietro, uno sconosciuto, a fidarsi insomma. Anche qui tanta tenerezza: un uomo che incontra un angelo che sembra giocare alla caccia al tesoro. Vai da Pietro e trovi l'indizio. Immaginate la perplessità, la stranezza della situazione. Normale.

Eppure, la differenza sia per Pietro che per Cornelio la fa la fiducia. Quando il dubbio viene messo nelle mani di Dio e la mente sa andare oltre anche senza capire, si aprono orizzonti inaspettati per tutti. Anche se all'inizio non è semplice. Pensiamo alla fatica di Pietro a mettere piede in una casa pagana: sa di contaminarsi, ogni gesto è fatto solo perché Dio lo chiede. Ma non basta. “Ditemi perché mi avete chiamato?”, dice Pietro. Cornelio racconta il sogno, ma non sa cosa rispondere: “Dimmelo tu cosa Dio ti ha ordinato”.

L'incontro tra due umanità cambia la vita di entrambi. È una vera conversione: la conversione del cuore di un pagano e la conversione della mente di uno che già crede o credeva di credere. Pietro comincia a capire. Capisce che il Dio che ha visto risorgere non fa differenze tra gli uomini, è più grande di ogni sovrastruttura e condizionamento, non si fa ingabbiare in culture e visioni del mondo. Il suo messaggio è semplice e infinito insieme: adesso non serve più citare le scritture – un romano non le capirebbe perché non le conosce – bastano la morte e risurrezione di Gesù. Alla portata di tutti. Nessuno escluso. E la conferma arriva con un segno evidente: lo Spirito Santo che discende su quei pagani, una vera e propria pentecoste, la stessa esperienza che gli apostoli avevano vissuto. Pietro capisce che Dio è libero, va dove vuole e se vuoi ti porta con lui. Una svolta che ha plasmato il cristianesimo, adesso sì una notizia per tutti, per ogni popolo e cultura.

Questo brano però continua a parlare, non si è esaurito duemila anni fa. Parla e dà speranza. Ricorda i tanti Corneli che spesso ignoriamo, per supponenza, per poca umiltà, per la convinzione di essere migliori, per la paura del diverso. E invece Cornelio, persona poco raccomandabile, per Pietro è stata un maestro. Dio ci invita a purificare continuamente la nostra mentalità, ci dice che possiamo ricevere insegnamenti da chi non immaginiamo. La storia degli arsenali è costellata da questi esempi: bambini, persone in condizioni cosiddette irregolari, carcerati, stranieri, ex banditi. Chi ha sbagliato, chi ha sofferto, può diventare un gigante. Anche per questo, all'Arsenale si dice che il giudizio è una condanna a morte, perché taglia fuori ogni possibilità, rischia di impedire alla Grazia e alla creatività di Dio di fare meraviglie.

Ma Pietro e Cornelio vivono anche dentro, nelle dinamiche più profonde che ci abitano. Siamo Pietro quando i condizionamenti della nostra educazione, delle nostre ferite, dei nostri errori, delle nostre rigidità, del nostro umore, delle nostre paure ingabbiano Dio. Lo tengono prigioniero di pensieri, convinzioni e schemi. A volte siamo noi i primi a non darci una possibilità: una possibilità di cambiamento, di speranza, di grazia. Quando invece, nel campo di Dio, non dovremmo precluderci niente.

Mai escludere, mai escludersi! È questa la grande conversione della mente che incontra spesso una fatica inimmaginabile: capire che anche oggi, ora, nella mia vita, Dio è creativo, non conformista. Imprevedibile, non irrazionale. Un Dio che non si ferma di fronte all'inadeguatezza, ma la prende per mano. Un Dio che quando dice di testimoniarlo fino ai confini della terra, forse pensa anche ai nostri confini, quelli interiori, alle colonne d'Ercole che sei convinto di non oltrepassare mai. Salvo accorgerti ad un certo punto che lo hai fatto, e non per meriti tuoi. Sono i limiti che Dio non cancella, ma fascia, benedice, allarga. Come è successo a Pietro. Con Dio è possibile! Ed è subito speranza.

Matteo S

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