Raoul Follereau

Pubblicato il 09-05-2013

di Annamaria Gobbato

“Che cosa preferite, un nuovo prototipo di bombardiere o 50.000 trattori, o 150.000 mietitrici?” È la provocazione che Raoul Follereau, (1903-1978), francese di Nevers, giornalista e poeta, lancia nel 1964 ai governi mondiali. “È meglio spendere i soldi in armi o in progetti per debellare la fame?”. Anche il Sermig se lo chiedeva. Il 22 marzo 1972, per un incontro dal tema: “Vuoi la pace? Prepara la guerra al tuo egoismo”, avevamo invitato Follereau a raccontare la sua esperienza. Veniva chiamato l'“apostolo dei lebbrosi” perché, arrivato in Africa nel 1935 come inviato del giornale “La Nation”, vi aveva scoperto la terribile realtà della lebbra. I malati vivevano nella savana circondati da soldati armati, senza cibo, abbandonati da tutti.

Tornato in Francia, decise di girare il mondo per sensibilizzare la gente e raccogliere fondi. Nasce la fondazione “Raoul Follereau”. Finalmente, nel 1953, sorge in Costa D’Avorio la città dei lebbrosi, accolti in piccole case vicino alla foresta. Due anni dopo la prima Giornata Mondiale dei malati di lebbra ricorda a tutti quella terribile, ma non inguaribile malattia. Nel 1972, Follereau aveva già fatto assieme alla moglie 32 volte il giro del mondo per partecipare a più gente possibile quella che era diventata la sua motivazione di fondo: “Nessuno ha il diritto di essere felice da solo”.

Al termine dell’incontro, ci disse: “Vent’anni fa all’ONU chiesi che oltre alla cura si desse un lavoro ai malati di lebbra. Responsabili e rispettati, non sono più dei malati, sono degli uomini. E allora cantano”. Un canto che anche oggi insegna tante cose.

di Annamaria Gobbato - I nostri maestri – Rubrica di Nuovo Progetto

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